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L’Italia cerca in India gli infermieri per il Servizio sanitario nazionale

Punya Salila Srivastava e Orazio Schillaci
Il ministro della salute italiano Orazio Schillaci dà il benvenuto alla viceministra indiana della salute Punya Salila Srivastava al recente G7 sulla salute di Ancona. EPA/GANLUIGI BASILIETTI

Il Governo italiano vuole assumere personale infermieristico indiano. L’obiettivo è quello di reclutare 10'000 infermieri per ovviare anche alla mancanza di personale che fugge all'estero, Ticino compreso. Se il sindacato nazionale degli infermieri “Nursing Up” è decisamente contrario a questa soluzione tempone, la Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche è più aperta ma chiede importanti garanzie al ministro della salute Orazio Schillaci.

È notizia pubblica da mercoledì. Il ministro della salute del Governo italiano, Orazio Schillaci, in una intervista rilasciata al quotidiano romano Repubblica ha annunciato l’intenzione di assumere infermieri e infermiere indiane. “Al recente G7 della Salute – ha dichiarato Schillaci – ho parlato con la viceministra indiana. Nel suo Paese ci sono ben 3,3 milioni di infermieri, tantissimi. Vogliamo portarne qua, intanto, circa 10’000”.

“La Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche conosce il percorso intrapreso dal ministro Schillaci con gli indiani già da un anno e mezzo perché siamo stati coinvolti”

Barbara Mangiacavalli, presidentessa della Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche

Una soluzione che non cade dalle nuvole. “La Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI) – racconta la presidentessa Barbara Mangiacavalli – conosce il percorso intrapreso dal ministro Schillaci con gli indiani già da un anno e mezzo perché siamo stati coinvolti. La Federazione è un ente sussidiario dello Stato. Quello che dico sempre anche ai presidenti provinciali è che dobbiamo reagire con la testa e non con la pancia”.

A prima vista l’annuncio del ministro sembra tutt’altro che una soluzione. Non si è fatta attendere la risposta dei sindacati. In un comunicatoCollegamento esterno, Antonio De Palma, presidente di “Nursing Up” (sindacato infermieri italiani), scrive: “Caro ministro Schillaci, mentre lei adotta provvedimenti tappabuchi, sparsi per il mondo ci sono migliaia di infermieri italiani, pronti a rientrare in patria, dietro garanzia di contratti adeguati! Non serve ricorrere a soluzioni temporanee e inadeguate che non risolvono il problema alla radice”.

Carenza di personale infermieristico

Il problema è noto. Secondo il ministro Schillaci in Italia mancano almeno 30’000 infermieri.

Dati alla mano, citati dalla recentissima pubblicazione Codice Rosso delle giornaliste Milena Gabanelli e Simona Ravizza che hanno avuto accesso a documenti riservati, in verità ne mancano 60’000. In Italia ci sono 270’000 infermieri che lavorano negli ospedali pubblici del Servizio sanitario nazionale. Gli standard dicono che per ogni medico ci vogliono tre infermieri. I medici sono 110’000. Dunque all’appello mancano 60’000 infermieri.

La carenza di personale infermieristico non è dovuta unicamente a chi se ne va all’estero, anche in Ticino. C’è un problema oggettivo. Nei prossimi dieci anni andranno in pensione circa 7’000 infermieri all’anno nel Servizio sanitario nazionale. Vanno aggiunti altri 6’000 liberi professionisti che lavorano nelle strutture private. Nello stesso periodo si prevedono 95’000 ingressi di neolaureati. Il saldo tra entrate e uscite dei prossimi dieci anni si annuncia in negativo di 35’000 infermieri.

Inoltre, c’è pure il fenomeno degli infermieri che abbandonano le corsie per dedicarsi alla professione in modo indipendente. Sono i liberi professionisti che da 38’000 nel 2018 sono passati a 45’000 oggi. Anche questi infermieri mancano nel Sistema sanitario nazionale.

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Manodopera straniera

“Noi come Federazione – aggiunge Mangiacavalli – comprendiamo e sappiamo che oggi l’unica soluzione per risolvere il grave problema della mancanza di personale infermieristico è quella di rivolgerci a lavoratori stranieri. Non siamo gli unici in Europa. A nord questa soluzione è utilizzata da tempo visto che la carenza di personale infermieristico è una carenza mondiale. Non da ultimo lo fa anche la Svizzera, lo sanno bene i lombardi”.

De Palma, sempre nel comunicato di “Nursing Up”, evidenzia le sue perplessità: “Schillaci afferma che c’è bisogno di infermieri stranieri, e specifica che la carenza è globale e che tutti i Paesi europei si trovano nella nostra stessa situazione. Però, poi, aggiunge che noi siamo i primi a fare un accordo di questo tipo. E questo che cosa significa? Per noi è chiaro: che nessun altro Paese ha ritenuto opportuno ricorrere a una soluzione così drastica, che rischia di impattare sulla struttura stessa dell’assistenza infermieristica, e di mettere a repentaglio, per lungo tempo, la qualità dell’assistenza verso i cittadini”.

“Chiediamo al personale straniero l’iscrizione all’ordine che rappresenta una garanzia per il cittadino/paziente”

Barbara Mangiacavalli, presidentessa della Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche

Alle perplessità di De Palma risponde ancora la presidentessa FNOPI: “Qui e ora possiamo risolvere i problemi unicamente facendo ricorso a infermieri stranieri. Abbiamo però chiesto garanzie importanti al Ministro: questo personale deve avere titoli riconosciuti secondo logiche europee. Con l’India ci siamo concentrati su due titoli riconducibili all’ordinamento universitario italiano. Inoltre, i futuri infermieri e infermiere indiane devono avere almeno una conoscenza dell’italiano a livello B1. Da ultimo chiediamo al personale straniero l’iscrizione all’ordine che rappresenta una garanzia per il cittadino/paziente”.

Come richiesto dal sindacato, la FNOPI ha avanzato ulteriori richieste: “Parallelamente a questa soluzione – spiega Mangiacavalli – abbiamo chiesto al Ministro di rendere maggiormente attrattiva la professione: rivedere il percorso di formazione, le condizioni contrattuali e il salario naturalmente. E devo dire che il ministro Schillaci per ora ha mantenuto il suo impegno”.

La Lombardia e l’accordo con l’Argentina

Considerato che la salute è in mano alle Regioni, il Governo è del parere che questi infermieri e infermiere debbano essere reclutati direttamente dalle Regioni.

Nel dicembre dello scorso anno l’assessore lombardo al Welfare Guido Bertolaso, commentando l’arrivo di infermieri sudamericani reclutati dall’azienda sociosanitaria territoriale varesina (Asst Sette LaghiCollegamento esterno) aveva detto che “di questo piccolo grande esperimento ne faremo tesoro e lo replicheremo in tutta la Lombardia e sono sicuro che la nostra iniziativa sarà proposta anche da altre Regioni italiane”.

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L’iniziativa avviata dall’Asst Sette Laghi, sosteneva Bertolaso, “è da replicare in tutte le aziende sanitarie che hanno difficoltà a reperire il personale infermieristico”. 

Detto fatto. La Regione Lombardia, sempre per voce del suo assessore al Welfare, ha annunciato il 30 ottobre l’arrivo negli ospedali lombardi, a inizio 2025, di oltre 200 infermieri argentini.

La Regione sta infatti sottoscrivendo un accordo di cooperazione internazionale con l’Istituto Universitario ItalianoCollegamento esterno che ha sede a Rosario, in Argentina, per promuovere la formazione e la mobilità del personale sanitario.

Fuga all’estero

Negli ultimi anni dai 20 ai 25 infermieri al mese escono dal sistema sanitario italiano: o per andare in pensione o per andare lavorare all’estero, molti in Svizzera. Per cercare di arginare l’emorragia verso il vicino Canton Ticino, Aurelio Filippini, Presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di VareseCollegamento esterno (OPI) ha più volte proposto più di una soluzione concreta.  

“Si tratta di introdurre incentivi per convincere il personale infermieristico a restare in Italia”

Aurelio Filippini, Presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Varese

“Si tratta – racconta Filippini – di introdurre incentivi per convincere il personale infermieristico a restare in Italia: dagli sgravi sugli affitti allo sconto benzina, fino all’assegno di confine. In generale per fermare la migrazione dei nostri infermieri verso la Svizzera dobbiamo migliorano le condizioni di lavoro in Italia”. 

“La soluzione di trovare personale all’estero – continua Filippini – non può essere una soluzione a lungo termine. È un po’ quello che sta facendo la Svizzera con il personale sociosanitario italiano. Anche per la Svizzera quella di prendere i nostri infermieri non può essere la risposta adeguata alla mancanza di personale. Si tratta dunque di una soluzione tampone”. 

Tassa sulla salute

Che la questione del personale sanitario in Lombardia, soprattutto per le province a ridosso con la Svizzera, sia un problema non è una novità. Lo Stato italiano ha cercato di porvi parzialmente rimedio con la legge di bilancio 2024. L’Art. 49 prevede infatti di tassare i vecchi lavoratori frontalieri che pagano l’imposta alla fonte in Svizzera per ottenere i fondi necessari da destinare al personale sanitario italiano così da rendere meno attrattiva la loro fuga verso il Ticino. L’assegno di confine come citato in precedenza da Filippini.

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Personale medico.

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Tassa sulla salute, la Svizzera nega i dati dei frontalieri

Questo contenuto è stato pubblicato al Fa fatica a trovare un’applicazione la tassa sulla salute che dovrebbero pagare i vecchi frontalieri per partecipare al finanziamento del servizio sanitario nazionale italiano. La Svizzera per ora nega i loro dati ma la Lombardia ha pronto un “piano B”.

Di più Tassa sulla salute, la Svizzera nega i dati dei frontalieri

Per introdurre la cosiddetta “tassa sulla salute” vi è però un’oggettiva difficoltà d’applicazione. Serve infatti la collaborazione delle autorità svizzere per ottenere i dati fiscali sui vecchi frontalieri. A inizio maggio 2024, però, Grigioni e Ticino hanno cortesemente respinto la richiesta lombarda, chiarendo che per il momento non c’è la base legale per fornire questi dati a uno Stato terzo. 

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