Tassa sulla salute, Roma vuole un’intesa con Berna
Per superare il rifiuto dei cantoni alla trasmissione dei nominativi dei “vecchi” frontalieri, su cui grava il nuovo contributo sanitario, le autorità italiane sollecitano uno specifico accordo con la Confederazione.
La fine dell’anno s’avvicina ma la cosiddetta tassa sulla salute che dovrebbe gravare sui “vecchi” frontalieri, contemplata nella Legge di bilancio 2024, stenta a decollare.
Divergenze tra le parti, lungaggini burocratiche e ostacoli di ordine giuridico ne hanno impedito finora l’applicazione, che nei piani iniziali doveva avvenire già nel corrente anno.
Poi le difficoltà incontrate sul percorso hanno comportato il suo differimento al 2025 ma, a meno di clamorose e improbabili accelerazioni dell’ultim’ora, difficilmente vedrà la luce a gennaio, per la gioia delle lavoratrici e dei lavoratori pendolari residenti oltre confine, che fin da subito si erano allarmati per questo controverso prelievo che le autorità italiane insistono nel definire “contributo” (ma che per la citata categoria di salariati/e si configura come una vera e propria “tassa”).
Roma si sta muovendo
La novità di questi giorni è riferita dall’assessore regionale lombardo Massimo Sertori, che al Corriere del Ticino ha dichiarato che Roma si sta muovendo per concordare con Berna una soluzione alla vicenda che contrappone Regioni italiane – con in prima fila la Lombardia – e Cantoni confinanti.
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Frontalieri presi di mira dal fisco italiano
La situazione è piuttosto chiara: le prime – cui compete la gestione della sanità – hanno ottenuto da Roma, nell’ambito della discussione della scorsa manovra finanziaria, il diritto di prelevare delle risorse aggiuntive nei confronti delle persone frontaliere che in base al nuovo accordo sono rimaste soggette esclusivamente al fisco elvetico.
Coloro (di questi “vecchi frontalieri”) che hanno esercitato il diritto d’opzione, iscrivendosi al sistema sanitario nazionale italiano, dovranno quindi contribuire con una quota oscillante tra il 3 e il 6% del loro reddito netto alle spese della salute, finanziando in particolare gli aumenti salariali decisi in favore del personale sanitario operante nelle zone di frontiera.
Un elenco contestato
Per le e i dipendenti residenti nel Belpaese, che sono stati invece assunti da un datore di lavoro svizzero dopo il 17 luglio 2023, valgono infatti le nuove norme che prevedono la tassazione concorrente dell’Italia e quindi questi contribuiscono già alle spese sanitarie nel Belpaese.
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Le conseguenze del nuovo accordo sui frontalieri
Per prelevare il balzello le Regioni hanno comunque bisogno dell’elenco delle e dei frontalieri assoggettati al vecchio regime che i tre Cantoni coinvolti (Ticino, Grigioni e Vallese) non intendono però affatto trasmettere. Nelle risposte inviate all’Italia le autorità cantonali hanno spiegato che non esiste una base legale che consenta di comunicare dati fiscali, oltretutto all’estero, dei contribuenti.
Allo stato attuale inoltre, si potrebbero addirittura profilare impedimenti di natura legale in merito alla comunicazione di dati confidenziali e sensibili delle persone interessate, oltretutto senza il loro consenso e a un Paese straniero.
“Nessun dato fiscale”
Non è di questa opinione di Massimo Sertori che al foglio luganese ha precisato che si tratta di dati “che non riguardano i redditi dei frontalieri ma unicamente i nominativi di coloro che hanno optato per il Sistema sanitario nazionale”. Per la definizione poi dell’entità concreta della “tassa della salute” che dovranno corrispondere i “vecchi” frontalieri, l’assessore agli enti locali ipotizza il metodo dell’autocertificazione (con ovviamente controlli a campione delle relative dichiarazioni).
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Perché i frontalieri della Brianza sono pronti a far causa allo Stato italiano
In ogni caso, per ovviare alla mancanza della base legale evocata dai tre Cantoni di frontiera, insiste Massimo Sertori, è necessario stipulare un accordo con Berna che renda possibile la comunicazione richiesta e Roma, assicura, si sta muovendo in questa direzione. In sostanza il Governo italiano intende formalmente chiedere alle autorità elvetiche che venga elaborata una specifica normativa che autorizzi i Cantoni a inviare la lista dei cosiddetti vecchi frontalieri.
Se questa opzione non andasse in porto, Palazzo Lombardia ritiene di poter comunque risalire ai nominativi delle persone tenute al versamento del contributo sanitario.
Approfondimenti in corso
Su questo però restano i dubbi di sindacati, ai due lati del confine, imprenditori e politici svizzeri. In particolare si obietta che in base alle norme vigenti le e i frontalieri assoggettati al vecchio regime, essendo tassati esclusivamente dalla Confederazione, non possono essere chiamati alla cassa anche dalle autorità italiane.
In proposito il parlamentare del Centro Fabio Regazzi ha inoltrato nelle scorse ore un’interpellanza al Governo federale esprimendo i dubbi sulla legittimità della richiesta italiana, che a suo dire contrasterebbe con l’articolo 9 dell’accordo sull’imposizione dei frontalieri stipulato nel dicembre 2020.
Nonostante il paragrafo 1 dell’articolo 3, i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe ricevute dai lavoratori frontalieri residenti in Italia che alla data di entrata in vigore svolgono oppure che tra il 31 dicembre 2018 e la data dell’entrata in vigore hanno svolto un’attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera in Svizzera per un datore di lavoro ivi residente, una stabile organizzazione o una base fissa svizzere, restano imponibili soltanto in Svizzera.
Inoltre, aggiunge il consigliere nazionale ticinese, la richiesta di Roma, qualora venisse esaudita da Berna, penalizzerebbe le imprese elvetiche che si trovano già ora confrontate con una carenza di manodopera (in particolare quella specializzata).
Sulla posizione degli imprenditori ticinesi in merito alla tassa della salute le dichiarazioni di Stefano Modenini (AITI) raccolte da tvsvizzera.it.
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Quale contropartita per Berna?
Non da ultimo, insiste Fabio Regazzi, se il Consiglio federale volesse comunque assecondare la richiesta di Roma, dovrebbe farlo nel quadro di una trattativa più generale che contemplasse anche delle contropartite per la Svizzera.
La prima delle quali, cita il parlamentare locarnese, dovrebbe essere la soppressione dei vincoli all’accesso al mercato italiano da parte delle banche elvetiche (in particolare quelle prive di succursale sul territorio della Penisola).
Sulla tassa della salute sono in corso approfondimenti giuridici in Svizzera e anche i sindacati italiani attendono che si concretizzi l’iter procedurale, attraverso i decreti attuativi che dovranno essere emanati, per ricorrere alla giustizia. La partita, insomma, resta aperta.
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