Un nuovo corso per un giornale storico della stampa italiana in Svizzera
Fondato nel 1962, il Corriere dell’italianità cerca nuova linfa affidando la direzione al giornalista Fabio Lo Verso. Approfondimento e qualità sono le sue parole d’ordine.
Le ore di gloria della stampa italiana in Svizzera appartengono ormai al passato. Molti di quei titoli nati sulla scia dell’ondata migratoria del Dopoguerra sono scomparsi. Se all’inizio degli anni 2000 vi erano ancora oltre 15 giornali italiani editi in Svizzera che ricevevano un sostegno finanziario dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria italianoCollegamento esterno, oggi il loro numero si può contare sulle dita di una mano.
Questa tendenza non riguarda naturalmente solo la Confederazione, ma è generalizzata. Mentre nel 2003 Roma forniva contribuiti a 124 pubblicazioni all’estero destinate alla comunità italiana, nel 2022 ne erano rimaste appena 33.
Il pubblico è cambiato e soprattutto molte di quelle funzioni cui adempivano queste testate sono venute meno. Oggi l’informazione si trova dappertutto sul web e non è più per forza necessario avere un organo di stampa per sapere, ad esempio, quali sono i miei diritti in quanto lavoratore o lavoratrice in un’industria zurighese. Oppure, per seguire un po’ più da vicino la vita della comunità italiana in Svizzera, ci sono dei gruppi Facebook che permettono di essere al corrente di tutto ciò che succede.
Vi sono però alcune pubblicazioni che malgrado i forti venti contrari resistono. Una di queste è il Corriere dell’italianitàCollegamento esterno, storica testata dell’emigrazione italiana in Svizzera fondata nel 1962, che ha recentemente nominato un nuovo direttore. Fabio Lo Verso, nato a Palermo nel 1967, si è trasferito in Svizzera all’età di 20 anni e ha una lunga esperienza giornalistica alle spalle.
tvsvizzera.it: Cosa l’ha convinta ad accettare una sfida che non si annuncia facile?
Fabio Lo Verso: La motivazione che mi spinge è la stessa da anni, ovvero quella di fare un giornale di qualità per un pubblico italo-svizzero.
Nella Confederazione c’è un lettorato che ha un modo di vedere il mondo e di filtrare l’attualità con uno sguardo prettamente italo-svizzero. E a questo lettorato non si rivolge quasi nessuno.
In Svizzera ci sono oltre 656’000 persone iscritte all’Anagrafe italiani residenti all’estero (AIRE). Se a queste si aggiungono anche quelle non iscritte si arriva probabilmente a 800’000 persone di origine italiana (su una popolazione svizzera di circa 9 milioni di abitanti, ndr).
Nato a Palermo nel 1967, Fabio Lo Verso si è trasferito in Svizzera all’età di vent’anni. Si è laureato in lettere e filosofia all’Università di Ginevra e ha iniziato la sua carriera di giornalista lavorando per il quotidiano la Tribune de Genève.
In seguito ha diretto il quotidiano ginevrino Le Courrier e il mensile di approfondimento La Cité. Durante quest’ultima esperienza ha lanciato un altro mensile indirizzato al pubblico italofono in Svizzera. Il progetto de Il Quaderno – questo il nome del giornale – non è però mai decollato, poiché solo una minima parte delle oltre 1’000 promesse di abbonamento si sono concretizzate.
Già corrispondente da Ginevra per il quotidiano Corriere del Ticino, insegna giornalismo e educazione ai media in Francia, Italia e Svizzera. Collabora inoltre con il consorzio europeo di giornalismo d’inchiesta We Report ed è membro del comitato di selezione del Premio Inge Feltrinelli.
Nel 2023 ha pubblicato presso Fazi Editore Il mare colore veleno, un libro-inchiesta sul disastro ambientale del polo petrolchimico in provincia di Siracusa.
In questo pubblico include anche ticinesi e grigionesi?
No, questo è sì un pubblico italofono, ma non italo-svizzero.
Tuttavia, ci sono anche molti svizzeri e svizzere che hanno imparato l’italiano, che si interessano all’Italia e che leggono tanto la stampa. Nessuno li ha mai contati, ma ne ho conosciuti moltissimi, ad esempio frequentando le Società Dante Alighieri.
Ottocentomila persone non è forse una visione un po’ troppo ottimistica?
Certo, questo pubblico deve essere effettivamente ritagliato.
Ad esempio, tra queste 800’000 persone ve ne sono molte che vivono in Svizzera da 10-15 anni e che guardano solo all’Italia. Li definisco degli italiani impermeabili.
Poi vi è una categoria di italiani e italiane che forse non ha bisogno di giornali o meglio che ne aveva bisogno soprattutto in passato per informarsi, tra le altre cose, dei propri diritti, come la rendita pensionistica o altro, e che oggi utilizza magari internet o chiede al proprio entourage.
Vi è però anche una parte che ama leggere, informarsi, che è curiosa e che ha, come ho detto prima, uno sguardo italo-svizzero. Quante sono queste persone? È difficile dirlo, però penso siano almeno un 10%, quindi circa 80’000.
Però, l’offerta in termini di qualità giornalistica fornita a questo pubblico da troppo tempo ormai non è più all’altezza. Ecco perché ho accettato la sfida di riprendere la direzione del Corriere dell’italianità.
Quale taglio vuole dare al giornale che dirige?
Fino al 2022 il Corriere dell’italianità era un settimanale, poi l’anno successivo si è passati a un mensile. Come mensile abbiamo un obbligo di approfondimento.
Il nostro è un pubblico molto esigente, che vuole un’informazione di qualità, in particolare su come sta mutando la presenza italiana in Svizzera, ma più in generale temi rilevanti per questa comunità. Ad esempio, in uno dei prossimi numeri vogliamo sviluppare la questione delle lauree false, che tocca da vicino Svizzera e Italia.
La persona che la precedeva alla testa del Corriere dell’italianità lavorava principalmente da Milano. Non era un po’ un’anomalia?
Non posso dire se si sia trattata di un’anomalia o meno. Quello che posso dire, però, e l’ho scritto anche nel primo editoriale, è che si parlava troppo poco degli italiani e delle italiane in Svizzera. Ho spulciato i numeri degli ultimi anni e la proporzione di articoli che trattava di questa tematica era meno del 15%. Era diventato un giornale con tanti pezzi di cultura, di società senza nessun legame con la Svizzera. Fino a qualche tempo fa c’era addirittura una pagina in inglese che parlava degli Stati Uniti.
In un giornale che ha sede in Svizzera, che è stata una testata storica della comunità italiana nella Confederazione, non si può ridurre la presenza italiana a un lumicino.
Oltre a rivedere completamente la veste grafica, nel primo numero di settembre sottolinea nell’editoriale di voler imprimere un taglio più politico al giornale. È un aspetto che mancava?
Come ho detto, c’era effettivamente una maggioranza di temi culturali, sociali e previdenziali. Va benissimo, però è dalla politica che tutto scorre. Se ad esempio in una città ci sono dieci teatri e in un’altra con il doppio di abitanti ce ne sono due, è una questione politica. È la politica che tiene i cordoni della borsa.
Nel primo numero dedica spazio alla “fumosa partita sovranista in Europa” di Giorgia Meloni. Nell’edizione di novembre alla battaglia federalista portata avanti dalla Lega sino all’autonomia differenziata e “alle ragioni per combatterla”. Non teme che il giornale sia catalogato politicamente?
Non ho mai avuto un tesserino di partito e non sono mai stato sensibile più a una corrente che a un’altra. Nella mia carriera sono stato catalogato quasi in ugual misura di sinistra e di destra.
Nel numero di ottobre, il titolo di copertina è “L’Italia non si spacca”. Ho utilizzato questo titolo perché la legge sull’autonomia differenziata e gli argomenti della Lega non vanno giù nemmeno a Confindustria. E non vanno giù nemmeno a una parte della base meloniana. Ed è qui che diventa interessante per il giornalista.
Quando si mettono a confronto gli argomenti degli uni e degli altri, si percepisce una debolezza degli argomenti della Lega. Per questo non posso fare a meno di dire che si tratta di una legge che spacca l’Italia. È una legge sovrastata dalle critiche, è un dato di fatto.
Se ho parlato della Meloni e della Lega nei primi due numeri è essenzialmente una questione editoriale. Come mensile, possiamo occuparci solo di faccende complesse, che sono più o meno chiuse.
Per contro, se avessimo parlato, ad esempio, della riforma delle pensioni, che è ancora tutta in divenire, dicendo che è una riforma sbagliata, sarebbe stato un errore. Il mio compito di giornalista è di spiegare cosa è successo e di tirare le somme una volta che la faccenda si è conclusa.
Per il sito web cosa prevedete di fare?
In questo momento è in allestimento, ma vogliamo arrivare a una frequenza settimanale. Per ognuna delle sezioni editoriali vorrei pubblicare un articolo di approfondimento a settimana, che non sarà necessariamente presentato anche in versione cartacea, in modo da avere ogni giorno un pezzo nuovo.
Il tutto continuerà a essere in libero accesso. Per monetizzare un sito bisogna essere una grande testata, con un bacino di pubblico molto importante, altrimenti è impossibile. La dimensione per un giornale italo-svizzero invece non può essere che artigianale, di qualità, ma artigianale.
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