A Hong Kong molti ombrelli, poca rivoluzione
di Giorgio Cuscito (Limes)
A Hong Kong, il movimento di protesta Occupy Central for Love and PeaceCollegamento esterno prosegue la sua lotta contro la riforma elettorale voluta da Pechino, che impedisce ai cittadini di eleggere in maniera “genuinamente” democratica il capo del governo locale. Infatti, conformemente al testo quasi-costituzionaleCollegamento esterno dell’ex colonia britannica questi potranno votarlo a suffragio universale, ma la scelta sarà ristretta solo a una rosa di candidati graditi alla leadership cinese.
La rivoluzione degli ombrelli
Nei giorni scorsi, le arterie principali di Hong Kong, in particolare in prossimità dei palazzi governativi, sono state completamente ostruite dai manifestanti. Si sono verificati anche alcuni momenti di tensione e la polizia si è servita di gas lacrimogeni e spray al peperoncino. La folla si è protetta con mascherine, impermeabili e, soprattutto, ombrelli. Questi ultimi sono diventati il simbolo della protesta, che sui social mediaCollegamento esterno ha preso il nome di “umbrella revolution”.
Il Chief Executive (il capo del governo locale) Leung Chun Ying, cui i manifestanti hanno chiesto senza successo di dimettersi entro la mezzanotte del 2 ottobre (pena l’occupazione degli edifici governativi), ha detto di essere disponibile al dialogo con i leader della protesta. Occupy Central non ha gradito la soluzione, ma il malcontento non si è tradotto in un’azione organizzata.
Cittadini appartenenti alla fazione filo-Pechino hanno cercato di allontanare con la forza i giovani dalle strade. Per questo motivo diciannove persone, di cui alcune legate alle triadi (la mafia cinese), sono state arrestateCollegamento esterno. Gli episodi di violenzaCollegamento esterno hanno spinto la Federazione degli studenti di Hong Kong, che fa parte del movimento di protesta, ad accantonareCollegamento esterno temporaneamente il dialogo con Leung. Il Chief Executive ha dettoCollegamento esterno che i manifestanti devono liberare le strade entro lunedì, per consentire il regolare funzionamento di uffici governativi, scuole, negozi eccetera. Altrimenti, potrebbe essere necessario l’intervento della polizia. Al momento, la rigida posizione di Leung (e quindi di Pechino) sta avendo la meglio sulle proteste dei giovani hongkonghesi.
L’origine delle proteste
L’ex colonia britannica, oggi Regione autonoma speciale di Hong Kong (Hksar, che include l’isola omonima, Kowloon, l’isola di Lantau e i Nuovi Territori) e una delle più importanti piazze finanziarie al mondo, gode di una serie di privilegi politici, sociali ed economici che la Cina continentale non ha. In base alla formula yiguo liangzhi (un paese, due sistemi), che regola il rapporto tra Pechino e la regione, il sistema capitalista della Hksar dovrà essere mantenuto inalterato fino al 2047Collegamento esterno.
In questo modo il governo centrale si assicura il consenso dell’élite economica, tycoon locali, liberi professionisti, proprietari terrieri e categorie lavorative che beneficiano del mantenimento dello status quo.
Su decisione della leadership cinese, nel 2017Collegamento esterno gli hongkonghesi eleggeranno a suffragio universale il Chief Executive da una lista di due o tre candidati selezionati da un nominating committee. Questo dovrebbe ricalcare la struttura dell’attuale election committee, cui oggi spetta il compito di scegliere il capo del governo locale. I suoi membri sono eletti per due terzi da associazioni socio-professionali. Ciò conferisce un ruolo decisivo all’élite economica locale e consente a Pechino di controllare il sistema politico dell’Hksar. Una condizione che i giovani studenti oggi in strada non intendono accettare.
Spionaggio all’opera
Secondo l’azienda privata di sicurezza mobile LacoonCollegamento esterno i cellulari dei manifestanti sarebbero stati infettati da “Xsser mRat”, uno spywareCollegamento esterno che consente al suo creatore di monitorare il contenuto dei dispositivi. La sua diffusione sarebbe avvenuta con un link inviato tramite il social network Whatsapp, che doveva reindirizzare a un’applicazione per coordinare le proteste. La sofisticatezza dello spyware (capace di colpire più tipi di piattaforme) e il fatto che sia stato creato da pirati informatici cinesi fanno pensare che sia stato sviluppato da Pechino.
Ciò non deve sorprendere, considerate le note capacità ciberneticheCollegamento esterno dell’intelligence mandarina. Inoltre, pur non essendo ufficialmente presente a Hong Kong, il Partito comunista cinese (Pcc) monitora i suoi abitanti attraverso due canali.
Il primo è ufficiale. Pechino comunica con la Hksar attraverso il “Liaison Office of the Central People’s Government in the Hong Kong Special Administrative Region” e il “Hong Kong and Macao Affairs Office of the State Council”. Il “Liaison Office” gestisce le relazioni con il presidio dell’Esercito popolare di liberazione a Hong Kong e con il commissario del ministero degli Esteri nella regione. Inoltre, agevola le relazioni con le aziende con sede nella Cina continentale, facilita gli scambi culturali, economici e favorisce la cooperazione con il governo centrale. Il “Hong Kong and Macao Affairs Office” invece promuove il rispetto della Basic Law e delle politiche governative riguardanti la Hksar e supporta il primo ministro cinese nella gestione delle questioni riguardanti Hong Kong e nelle relazioni con il Chief Executive.
Il secondo canale è ufficioso. Il Pcc, attraverso il dipartimento Propaganda e il dipartimento Fronte Unito, promuove segretamente il patriottismo dei cittadini verso la madrepatria. Uno impartisce le linee guida sull’immagine del Partito agli altri uffici. L’altro stabilisce rapporti personali con personaggi influenti di Hong Kong (intellettuali, manager, amministratori, tecnici e artisti non legati al Partito) per persuaderli ad appoggiare le politiche di Pechino.
L’attività dei due canali è strettamente correlata e ha consentito al governo cinese di sviluppare a Hong Kong un articolato sistema di monitoraggio e persuasione che coinvolge cultura, media, editoria, istruzione eccetera. E’ probabile che il Pcc abbia un qualche ruolo nel coordinamento dei manifestanti “anti-Occupy”.
Quello di Pechino potrebbe non essere l’unico governo a operare segretamente nell’ex colonia britannica. Nei giorni scorsi i media cinesi hanno affermatoCollegamento esterno che il diciassettenne Joshua Wong, uno degli elementi di spicco della protesta, sarebbe stato finanziato dagli Stati Uniti per fomentare i suoi concittadini. Anche secondo alcuni media russiCollegamento esterno, Washington starebbe appoggiando le manifestazioni nella Hksar; proprio come avrebbe sostenutoCollegamento esterno quelle di Euromaidan a Kiev, che hanno portato alla destituzione del presidente ucraino Viktor Yanukovich – alleato dell’omologo russo Vladimir Putin – e dato inizio alla crisi in UcrainaCollegamento esterno. Pechino ha sempre osservato con grande preoccupazione gli sviluppi delle cosiddette “rivoluzioni colorate”. Non a caso nei mesi scorsi ha condotto delle indaginiCollegamento esterno riguardo l’operato di organizzazioni non governative straniere in alcune regioni della Cina, tra cui il Guangdong, che confina con la Hksar.
La stabilità della Cina e i diritti di Hong Kong
L’inflessibilità di Pechino di fronte alla “rivoluzione degli ombrelli” dipende da una ragione strategica. Concedere un sistema pienamente democratico a Hong Kong potrebbe spingere il resto della Cina a pretendere gli stessi diritti.
La Rpc è ancora caratterizzata da numerose difficoltà sul piano economico e da notevoli problemi etniciCollegamento esterno e socialiCollegamento esterno. In queste condizioni, una riforma del sistema politico tout court potrebbe metterne in crisi la stabilità, il cui mantenimento è la priorità geopolitica di Pechino. Pertanto, conformemente alla filosofia confuciana, l’armonia collettiva (quella della Rpc) prevale sui diritti del singolo (Hong Kong).
Non a caso, nella Cina continentale i quotidiani hanno criticatoCollegamento esterno i manifestanti, le immagini delle proteste nell’ex colonia non sono state diffuse e la censura sui social media si è particolarmente intensificata.
Gli scontri tra manifestanti pro e contro la democratizzazione potrebbero essere usati per dimostrare che Hong Kong non è completamente favorevole a un cambiamento del sistema elettorale. Per non perdere credibilità, Occupy Central dovrà restare un movimento coeso e soprattutto pacifico. Un obiettivo arduo, dato che “la rivoluzione degli ombrelli” non ha al momento un vero leader e che il governo locale potrebbe usare la forza per liberare le strade e consentire il ripristino delle attività lavorative.
Difficilmente il dialogo tra Leung e i rappresentanti di Occupy Central (se e quando avrà luogo) porterà a riforme drastiche. E’ più probabile che il governo locale proponga modifiche marginali del sistema elettorale tali da mantenere immutato il controllo di Pechino sulla regione. Una soluzione che non porrebbe fine alle aspirazioni democratiche degli hongkonghesi.
Per approfondire: Hong Kong, il miraggio della democrazia e l’ombra della CinaCollegamento esterno
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