Dopo tre mesi di chiusura dei confini, è tornato il turismo degli acquisti. Ma quanto è costato agli svizzeri fare sempre la spesa in patria?
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Federica Bonetti e Valerio Thoeni, RSI Patti chiari
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Per 13 settimane, il coronavirus ha obbligati gli svizzeri a riempire i carrelli in Svizzera. Ai trasgressori, 100 franchi di multa!
Secondo una stima del Credit Suisse, sono stati spesi 2 miliardi di franchi in meno all’estero. Per molte famiglie, però, far provviste solo in Svizzera, è stato un problema. Perché in Italia, come in Germania, Francia e Austria, si risparmia, e non poco. E allora: ce l’hanno fatta a restare nel loro budget? A cosa hanno rinunciato? Come si sono arrangiate per far quadrare i conti? E, soprattutto: il 15 giugno sono ripiombate in Italia sorde agli appelli dell’economia locale che non si stanca di ripetere che ogni franco speso sul territorio genera altro denaro da investire?
Il dibattito fra i turisti degli acquisti e chi contesta questa pratica si è nuovamente infiammato. Intanto, in 3 mesi, la grande distribuzione del canton Ticino ha aumentato il suo fatturato del 20-30%. Ma è riuscita a fidelizzare i consumatori e a convincerli che anche in patria si trovano prodotti di qualità a prezzi contenuti senza farsi code e chilometri in auto?
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Abbiamo fatto i conti in tasca ad alcune famiglie della Svizzera italiana e siamo tornati a paragonare un carrello della spesa italiano e uno svizzero. La sfida: spendere meno in Ticino. Ci saremo riusciti?
Ma non è tutto. I prodotti -degustati alla cieca- saranno piaciuti alla famiglia che solitamente fa la spesa in Italia?
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Ospiti in studio Simonne Rossinelli, consumatrice che fa la spesa in Italia, Grazia Grassi, responsabile della comunicazione di Denner, Laura Regazzoni Meli, segretaria generale ACSI, Sara Carnazzi Weber, economista e responsabile delle analisi politico-economiche del Credit Suisse. La puntata integrale di ‘Patti chiari’, con tutti i loro interventi, è in testa all’articolo.
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