Il silenzio che racconta Venezia
Nella Serenissima c'è chi sogna, passati i giorni dell'emergenza, una ripartenza da zero e la ricostruzione di un mondo diverso e migliore.
L’Italia, quella del nord soprattutto, è ferma. Il Covid-19 ha colpito e sta colpendo duro. Gli aeroporti senza aerei, l’Italia che da penisola diventa isola e le città d’arte vuote. Venezia – tra le prime ad essere dichiarata zona rossa in quarantena – passa, in pochi giorni, dagli ormai abituali sovrappopolamento e congestione da turismo di massa al silenzio.
Il rischio sanitario destabilizza i cittadini e l’impatto negativo dell’epidemia sull’intero sistema economico incide pesantemente sulla vita degli italiani e dei veneziani. In Italia si diffonde gradualmente l’idea che la Natura si stia ribellando ai maltrattamenti a cui le abitudini di vita dell’uomo contemporaneo l’hanno costretta e che tutto, superata questa emergenza, non tornerà (o non debba tornare) come prima.
Lo raccontano, anche a Venezia, le antiche pietre, sopravvissute per secoli a crisi di ogni sorta, ma messe a dura prova dall’attuale modello di sviluppo economico. Lo raccontano i veneziani più giovani che non hanno ricordi del Canale della Giudecca senza moto ondoso e neppure delle acque del Canal Grande lisce come quelle di un lago. Lo raccontano il respiro della laguna, unico suono udibile sulla Riva degli Schiavoni e lo sciabordio dell’acqua contro le gondole fuori servizio. Lo racconta, nella Piazza San Marco, l’eco di qualche passo sotto il portico delle Procuratie, l’incedere di un podista solitario e il suono meccanico degli ingranaggi provenienti dalla Torre dell’Orologio.
Venezia, ai tempi del COVID-19, ci racconta che il tempo è maturo per ripensare a un mondo nuovo, diverso e migliore.
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