Così ricostruiremo Campione
Dopo il pesante lockdown un'attività su due è a rischio nell'enclave. Il comitato civico punta su hi-tech e turismo.
Il “colpo di grazia”. E’ questa la definizione ricorrente usata dai campionesi per definire il lockdown, imposto dalla pandemia, all’enclave in riva al Ceresio. Il protocollo di emergenza – ripetono come un mantra gli intervistati alla RSI – ha piegato la comunità dopo una sequenza di colpi da KO (il fallimento del casinò, il dissesto del Comune, l’ingresso nel territorio doganale UE), inanellati da quello che era, fino a tre anni fa, il Comune più ricco d’Italia per reddito pro-capite (ai tempi d’oro un croupier del casinò poteva arrivare, mance comprese, a 10’000 franchi mensili).
L’effetto del lockdown e le prove di ripartenza
“Le spese sostenute durante il lockdown e l’impossibilità di lavorare hanno messo in crisi gli operatori economici rimasti, una ventina tra bar e ristoranti. Circa la metà è a rischio sulla tenuta dei conti, anche perché il paese, già prima della crisi pandemica, aveva perso gran parte della sua attrattiva con la chiusura del casinò”, spiega Mauro Rubbini, presidente della Nuova associazione degli operatori economici di Campione, che prova a stilare un primo bilancio all’indomani delle prime, timide, riaperture degli esercizi pubblici, seguite al 18 maggio, data del via libera alla fase 2 decisa dalle autorità italiane (anche) sul territorio dell’enclave.
“Abbiamo ottenuto il permesso di allargare la zona pedonale nei prossimi giorni. Questo consentirà a bar e ristoranti di avere più spazio per i tavolini all’aperto, rispettando la nuova normativa sulle distanze sociali imposta dal Covid-19”, spiega Rubbini. “Speriamo però che tornino presto anche i turisti, altrimenti alcuni locali potrebbero fallire, perché ora possono contare solo sulla clientela locale, costituita perlopiù da disoccupati”. Intanto un ristorante come Da Candida, di Bernard Fournier, ha risposto alla crisi da virus reinventandosi anche con “l’alta cucina d’asporto”. “Tanti ristoranti ci arriveranno, perché nei prossimi mesi potremo servire al massimo il 40% dei clienti potenziali per via delle distanze sociali”, spiega il titolare.
Un futuro per l’enclave
Ora si tratta di non arrendersi e riprogettare il futuro dell’enclave. “Campione non sarà più solo Casinò. Prima era una mono-economia, adesso dovrà darsi da fare e sfruttare le opportunità che si creeranno”, spiega Roberto Canesi, rappresentante del Comitato Civico, che boccia definitivamente l’idea di una “zona franca” o di una “zona agevolata”. “Farebbe una concorrenza spietata alle attività commerciali elvetiche, si creerebbe un problema di contrasto con la Svizzera”, spiega. Le proposte per attirare investitori non mancano, dice, dal polo tecnologico allo sviluppo turistico di qualità, ma il pasticcio della zona doganale va risolto”.
Nel frattempo, però, si è aperto un altro vaso di Pandora. La Lombardia ha chiesto il rimborso di quanto pagato per assicurare ai campionesi l’assistenza sanitaria in Svizzera tra il 2005 e il 2018: 87 milioni di euro… ma questa è un’altra storia (infinita, a quanto pare).
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