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“Forza Italicum”, l’inconfessabile maggioranza, e le prove generali per il Colle

tvsvizzera

di Aldo Sofia

Renzi e Berlusconi perdono pezzi (più il primo del secondo), ma insieme fanno viaggiare al Senato il treno dell’ “Italicum”, nuovo sistema elettorale che i contestatori interni dei due fronti (insieme alle opposizioni) vorrebbero far deragliare per motivi diversi, ma tutti riassumibili in un dato: l’ostilità al “Patto del Nazareno”, la nuova (e inconfessata) maggioranza parlamentare che per la sinistra del PD é un accordo contro natura, e che per i contestatori di Fitto equivale a un “suicidio” politico di Forza Italia, accettato dall’ex cavaliere per purgo calcolo personale.

Accade infatti che, per la prima volta, i voti di Berlusconi risultino matematicamente necessari a Renzi. Lo salvano dai rivoltosi del suo stesso partito. Più che l’Italicum va così in scena il “Forza Italicum”. Col premier convinto di avere compiuto un altro passo verso quel “partito della nazione” più volte evocato come suo obiettivo finale; e con il leader del centro-destra sicuro che la sua crescente “indispensabilità” lo riportino finalmente al centro della scena politica, e magari a quell’indulto che gli consentirebbe di rientrare anche sulla scena elettorale. Tanto più che, patto nel patto, il nuovo sistema elettorale non entrerebbe subito in vigore (oggi il premio di lista avvantaggerebbe il partito del premier, mentre l’uomo di Arcore ha bisogno di tempo per tentare un nuovo e clamoroso recupero nei sondaggi).

Insidie ce ne sono, per entrambi. Per Renzi quello di una contestazione interna che può produrre una scissione . Per Berlusconi la difficoltà di convincere gli ex alleati (irritati dalla stampella offerta al premier) di accettarlo alla guida di una nuova coalizione di centro-destra. Ma probabilmente è azzeccata la schietta e brutale previsione di Francesco Nitto Palma, un fedelissimo di Berlusconi: “Reggeranno, perché qui tutti vogliono arrivare indenni al 2018″, con riferimento all’esercito di parlamentari che temono soprattutto elezioni anticipate che non garantirebbero il loro ritorno sugli scranni di Montecitorio o di Palazzo Madama. Del resto, la minoranza PD è divisa e, fin qui,” indecisa a tutto”; mentre il leader di FI sa che senza di lui buona parte dei suoi peones si sentirebbero persi.

C’è ora da vedere se il “Forza Italicum”, e dunque l’asse Renzi-Berlusconi, sia stata anche la prova generale per la prossima scadenza, l’elezione del capo dello Stato, la conquista del Colle. Qui l’inconfessabile “nuova maggioranza” potrebbe anche scricchiolare. Renzi sfodera la sicumera di sempre, sicuro di poter ricomporre la frattura nel PD con una candidatura condivisa anche dalla sua minoranza. Berlusconi sente che la sua forza contrattuale è aumentata, e ha parzialmente recuperato i “diversamente berlusconiani” dii Alfano per proporre insieme la candidatura di un moderato. Dal 29 gennaio si vedrà dove i due vorranno sistemare il punto, o il nome, di raccordo. Si vedrà, soprattutto, se a Camere riunite prevarrà l’istinto dei “franchi tiratori” in cerca di rivincite, oppure l’istinto dei “franchi servitori” in cerca di conservazione.

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