Grillo “scippa” ancora San Giovanni, la piazza che fu della sinistra
di Aldo Sofia
Lo ha fatto di nuovo, gli ha “scippato” la Piazza, e l’ha prenotata per il comizio di chiusura delle europee del 25 maggio. In politica i simboli pesano. La scaramanzia pure. E un dispetto non si nega a nessuno, soprattutto quando si tratta dell’avversario più importante. Così Beppe Grillo ha deciso di replicare il gran finale in Piazza San Giovanni, che per decenni, nella scenografia politica della capitale italiana, fu la Piazza della sinistra: quella del PCI, della CIGL, del 1.maggio. Proprio come un anno fa, quando, fra la soppressa generale, e soprattutto di un centro-sinistra sbadato e troppo sicuro della vittoria alle politiche di fine febbraio, annunciò che San Giovanni sarebbe stata la cornice conclusiva della sua campagna nazionale.
Ricordo bene certi sorrisini della vigilia: piazza troppo grande, un’impresa riempirla, stavolta il comico genovese rischia il flop. Ma ricordo soprattutto l’incontro, con i primi fan del guru pentastellato, assiepati sotto il palco già diverse ore prima dello show. E la sorpresa: molti erano ex elettori di sinistra, prima PCI poi PDS quindi PD, e ora…grillini. I grandi delusi. Capii, allora, che i sondaggisti sarebbero andati a sbattere. Avevano attribuito al M5S, e alla grande rabbia degli italiani, al massimo un 17 per cento di voti, e già sembrava un terremoto. Tutto sbagliato. Quarantotto ore dopo Piazza San Giovanni (piazza stracolma), Grillo conquistava il 25,6 per cento. Il Movimento Cinque Stelle diventata il primo partito della Repubblica. E soltanto il gioco delle alleanze (con SEL) aveva assegnato il premio di maggioranza al PD di Pier Luigi Bersani (25,3 per cento). Sappiamo come andò a finire.
Adesso Grillo torna a San Giovanni nella speranza di replicare l’impresa del 24 febbraio 2013. Scenario, parole, slogan non saranno molto diversi. Dal “tutti a casa” all’ “Europa sfasciata dall’euro e dai tecnocrati”. Ma stavolta il bersaglio grosso sarà Matteo Renzi, e con lui il “PD, peste nera”. Questa campagna elettorale si radicalizza sempre più nel duello bipolare. Con un Berlusconi ormai comprimario, che tenterà la rimonta puntando almeno al 20 per cento dei suffragi (“e accenderemmo un cero”, ha detto l’ex cavaliere senza precisare a quale santo quel cero sarebbe dedicato), e che tenterà di trasformare in spot elettorale la pena da scontare fra i malati di Alzeimer all’ospizio lombardo della Sacra Famiglia. Dove Grillo ha detto di voler mandare anche Giorgio Napolitano, l’altro super-bersaglio dei suoi attacchi a tutto campo.
Sarebbero elezioni per il parlamento di Strasburgo (dove i populismo anti-europeista potrebbero conquistare un terzo dei seggi), ma mai come in questa tornata i suoi risultati incideranno sul quadro nazionale. Grillo sente di avere ancora alle spalle una potente spinta protestataria; intercetta i persistenti malumori di quella parte non piccola di elettorato che non intende aspettare o non vuole credere agli eventuali effetti delle precipitose ricette renziane; e oltretutto vede che il rivale impegnato nelle riforme é costretto alle prime frenate imposte dai malumori berlusconiani e alle tenaci resistenze in casa PD.
Dice di puntare al primato assoluto, il leader dei Cinque Stelle, per obbligare il capo dello Stato a consegnargli Palazzo Chigi, e naturalmente per “andare a cantargliele a Frau Merkel”. E’ sicuro che ancora una volta i sondaggi sbagliano al ribasso, che supererà il risultato del 2013, che sorpasserà un PD dato al 32 per cento. Probabile che nemmeno lui creda davvero alla possibilità di diventare il primo partito d’Italia. Comunque, Ma anche un corposo secondo posto lascerebbe il segno, e potrebbe obbligare Renzi a rivedere l’accordo di riforma elettorale studiata con Berlusconi anche per marginalizzare il guru genovese. Ma un’insidia c’é, anche per Grillo: un voto eclatante dei Cinque Stelle potrebbe spaventare e di nuovo compattare l’arco parlamentare “anti-grillino”, renderlo ulteriormente inquieto di fronte all’ipotesi di elezioni politiche anticipate, e quindi spingerlo a prolungare i tempi della legislatura (scadenza 2018) nella tenue speranza di avviarsi verso “tempi migliori”. Insomma, “la paura di Grillo dopo un successo di Grillo” potrebbe rimanere la migliore polizza assicurativa del governo Renzi. Ma dovrà dirlo il verdetto del 25 maggio.
Il servizio del TG del 22 febbraio 2013 di Aldo Sofia sulla conclusione della campagna elettorale di Beppe Grillo alle ultime politiche in Piazza San Giovanni
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