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Il mistero Casaleggio e l’enigma del dopo Casaleggio

Ansa

Di Aldo Sofia

Per la prima e unica volta lo vidi il 22 febbraio 2013, sul palco del meeting di Piazza San Giovanni, una volta piazza storica della sinistra, per l’occasione “scippata” dal Movimento Cinque Stelle per la chiusura della campagna elettorale. Ad un certo punto, sul finale del comizio, a sorpresa Beppe Grillo lo andò a cercare dietro le quinte, e improvvisamente il neo-popolo pentastellato si trovò di fronte Gianroberto Casaleggio, il “mistero” finalmente personificato. Si limitò a dire due parole in croce, sopraffatto dall’imbarazzo, mentre una San Giovanni gremita scopriva finalmente la sua figura magra, i suoi lunghi capelli decisamente fuori tempo, lo strambo abbigliamento. Una sorta di “marziano”.

Si era alla vigilia del voto che avrebbe fatto esplodere il fenomeno dei Cinque Stelle, un autentico terremoto politico, nove milioni di suffragi, primo partito d’Italia, risultato impensabile per uno schieramento nato pochissimi anni prima, con il comico-leader che aveva intelligentemente snobbato i noiosi salotti televisivi per farsi furbescamente inseguire dalle telecamere in tutta la Penisola. Era, quel risultato politico, il miracolo politico firmato anche del “marziano”, che nel 2005 aveva dato vita al movimento creando la piattaforma del primo “meet up”.

Ideologo, teorico, guru, santone, stratega. Di Casaleggio si è detto di tutto, in realtà senza capire molto della sua ideologia. Anzi, della sua anti-ideologia. Che, spiegò più tardi, doveva essere inesorabilmente sostituita da una “comunità orizzontale “, non solo italiana bensì globale, creata da Internet attraverso la rete planetaria: una comunity senza confini che avrebbe spazzato via tutto il resto, partiti sindacati istituzioni, sostituiti dalla democrazia digitale. Per la costruzione di questo nuovo mondo aveva anche indicato una data precisa, il 14 agosto 2054, tratto dal titolo del suo libro preferito, e che, guarda caso, coincideva con il suo centesimo compleanno. “Basta pensare agli Amish – disse in un libro sul Movimento -, una comunità che non ha bisogno dii un leader”. Insomma, visione arcaica, pastorale, antitecnologica, proprio lui che aveva la concretezza del “manager” e che ha corteggiato il mondo dell’economia, e anche i “poteri forti” .

In realtà, l’enigma del “Casaleggio pensiero” è rimasto, fino all’ultimo. Ma i ruoli erano comunque chiari. Beppe era il menestrello primattore, Gianroberto il misterioso ispiratore. E anche l’organizzatore. Ossessionato dalla privacy, e tuttavia autoritario. Per molti, anche dentro i “pentastellati” che ne pagarono le conseguenze, un’ autentica “anima nera”. Che tutto controllava attraverso gli arcani della sua “Casaleggio associati”: la linea politica parlamentare, il comportamento dei deputati, il rispetto delle regole (a volte cangianti), la scelta dei candidati, la nomina dei coordinatori a Roma, persino le e-mail degli eletti. E naturalmente le sbrigative espulsioni, non poche, dei dissidenti. “In una comunità – spiegò – non si può andare contro le regole, altrimenti la comunità non esiste”.

Naturalmente, più che sulle idee di Casaleggio i Cinque Stelle hanno potuto contare sul crescente malcontento degli italiani, il crescente distacco fra cittadini e palazzi del potere, sugli effetti della irrisolta crisi economica, sulla disoccupazione, e soprattutto su scandali e corruzioni a ripetizione, che hanno via via gonfiato le sue vele elettorali. Se ne va, Casaleggio, mentre i sondaggi confermano la crescita dei consensi, che in questo momento garantirebbero la vittoria al M5S in un ballottaggio con il PD di Renzi. C’è ora da capire cosa sarà il movimento senza di lui. Anche se, forse presagendo la fine dopo il tumore che lo aveva debilitato un paio di anni fa, proprio nell’ultima intervista Casaleggio aveva assicurato: “Se non si affranca dai suoi fondatori il movimento è destinato a scomparire”.

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