Il “Mose” che porta alla Terra promessa della corruzione
di Aldo Sofia
Diceva, amaramente, Vitalino Brancati: “L’Italia rimane sé stessa, fa qualunque sacrificio, persino delle rivoluzioni, pur di rimanere tale”. Così , a vent’anni da “Mani pulite” – che doveva segnare l’avvio del rivoluzionario impegno contro la corruzione – ecco un’altra Tangentopoli. “Addirittura peggiore della prima”, sostengono gli inquirenti annunciando i cento indagati e i 35 arresti sulla laguna, dal centro-destra al centro-sinistra.
Venezia dopo l’Expo. Un nuovo terremoto giudiziario, e di mega tangenti. Un altro vergognoso capitolo di corruzione nell’ambito dei lavori pubblici. Certo, vale sempre la presunzione di innocenza. Per tutti, fino alla sentenza definitiva. Nelle aule di giustizia italiane si sono sbriciolati castelli accusatori che sembravano inattaccabili. Ma certi numeri sono inequivocabili.
Per esempio quelli dell’Olaf, l’agenzia antifrode europea. Dicono fra l’altro che in Italia le possibilità che un appalto pubblico sia viziato dalla corruzione arrivano fino al 10 per cento. Tre volte in più rispetto alla Francia , e addirittura 10 volte in più se il paragone viene fatto con l’Olanda. Proporzionalmente, una sola nazione UE fa peggio, la “maglia nera” é la Romania.
Ha scritto “La Stampa”: dobbiamo essere dei geni del male se, posto a cento il livello della perfezione, noi ci fermiamo a 57 e i soliti romeni a 55. E, fatti due conti, se ne conclude che “la corruzione pesa per 60 miliardi, la metà del totale europeo”. Un record imbattibile. E micidiale per un Paese che non riesce a uscire dalle secche della crisi economica, e che ha ormai una disoccupazione giovanile che sfiora il 50 per cento.
I principali cantieri del malaffare e del “dio della bustarella” sono i cosiddetti “Grandi Eventi”. L’elenco é impietoso. L’Expo, certo, ma si possono ricordare quantomeno il G8 alla Maddalena e poi all’Aquila devastata dal sisma, i Mondiali di nuoto a Roma e ora appunto il ‘Mose’, che alla fine avrà un costo di quasi 7 miliardi di euro. Non c’é grande evento che non sia stato infettato dal superamento del budget necessario per compensare le spese per le tangenti. Una volta destinate almeno in parte anche ai partiti in cerca di finanziamenti; oggi senza nemmeno più questo “alibi”.
C’é anche chi denuncia una politica che dopo “Mani pulite” ha operato, non sufficientemente contrastata, per demolire le deboli paratie che dovevano contenere il fenomeno. E’ il co-autore di “La Casta”, Gian Antonio Stella, a segnalare che dal 1996 al 2006 – passata la tempesta di Tangentopoli – le condanne per corruzione in Italia precipitarono dell’83,9 per cento, quelle per concussione del 90,4, e del 96,3 quelle per abuso d’ufficio. Mentre il rapporto 2013 dell’ “Istituto di criminologia e diritto penale” (curato dall’Università di Losanna) segnala che nella Penisola soltanto lo 0,4 per cento dei detenuti si trova dietro le sbarre per reati economici e fiscali: dieci volte in meno rispetto alla media europea.
Così, mentre il Mosé biblico divideva le acque per aprire la strada alla Terra promessa, si capisce come il ‘Mose’ veneziano l’abbia eventualmente spalancata a corrotti e corruttori.
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