Il “palazzo dell’orrore” regno di violenza e omertà
di Aldo Sofia
A Caivano, provincia di Napoli, ci sono stato più di una volta. Sempre per incontrare don Patrizio Patriciello, il “prete della terra dei fuochi”, come ormai lo chiamano tutti. Caivano è circondato dai terreni inquinati e avvelenati delle discariche abusive in cui la criminalità ha sversato tonnellate di ‘monnezza’ industriale, chimica, persino residui di prodotti nucleari che hanno fatto di questa parte della Campania un “triangolo della morte”, con malattie tumorali che uccidono più che in qualsiasi altra regione d’Italia. Don Patriciello, parroco di frontiera, da anni si batte nella denuncia e per il riconoscimento di questo scempio umano e ambientale, le cui principali vittime sono i bambini. Venne anche ricevuto da Napolitano al Quirinale, e da papa Francesco in Vaticano, sempre accompagnato dal comitato di mamme con in mano le foto dei loro piccoli inghiottiti dalla malattia.
Ma ora di Caivano non si parla più per via di quei micidiali veleni e delle loro tragiche conseguenze. Bensì per il “palazzo degli orrori”.
Il palazzo del Parco Verde, rione popolare, di cui don Patrizio è parroco, dove la piccola Fortuna, sei anni, due anni fa venne scaraventata dal quinto piano dopo essersi ribellata all’ennesima violenza sessuale. Lo stesso palazzo dove, prima di lei, un altro piccolo di tre anni, Antonio, era “misteriosamente caduto” dai piani alti sfracellandosi sul selciato. E l’arresto del presunto pedofilo e killer ha spalancato il portone di un condominio governato dalla violenza e dall’omertà.
Chi sapeva ha taciuto, ha occultato delle prove, ha minacciato, ha imposto di tacere, di non vedere, di non sentire le piccole vittime degli abusi, probabilmente non solo Fortuna e Antonio. Anche madri in questo modo complici, terrorizzate dal perdere il compagno, la famiglia, quel poco di vita dignitosa possibile in una realtà flagellata da disoccupazione e miseria. Rosetta Cappelluccio, la psicologa consulente della Procura che ha raccolto le dolorose testimonianze dei bambini, servendosi anche dei loro disegni (nella foto) ammette: “quel che ho visto stavolta qui non é paragonabile a niente, in quel palazzo tutto parlava di violenza, c’erano da tempo segni inequivocabili, ed è tragico che nessuno sia stato capace di coglierli prima”.
Non ha torto don Patrizio quando ammonisce di “non collegare la pedofilia alla povertà”. Ma tra i palazzoni di Caivano è certo che anche la povertà ha prodotto regole omertose, sopraffazione spiccia, incontrastata violenza. A Napoli tutti sanno dov’è ma anche cos’ è Parco Verde, e, ha scritto un cronista locale, “chi può se ne sta alla larga”. Rione costruito dopo il terremoto dell’Irpinia negli Anni Ottanta, oggi fortino della camorra, supermarket della droga, piazza di spaccio fra le più floride. Tutto sotto le finestre di famiglie che non vogliono e non possono parlare e denunciare. Ognuno ha il suo tornaconto, piccoli guadagni, figli ingaggiati dalla malavita per pochi soldi, o semplicemente, molto semplicemente, la pura sopravvivenza.
Sono periferie, quelle napoletane, dove ho conosciuto anche storie, e non poche, di grande dignità, di forte impegno sociale, di notevole coraggio, anche in quel maledetto “triangolo della morte”. Ma, in un caso e nell’altro, con un vistoso tratto comune: la fragorosa assenza dello Stato.
Aldo Sofia
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