Il signor G e la burocrazia italiana: sorpresa, sorpresona
di Gino Ceschina
Il signor G è figlio di emigrati italiani in Svizzera. È rimasto attaccato alle proprie radici, e torna periodicamente al paesello montano in provincia di Como da cui proviene la sua famiglia.
Essendo cresciuto nella Confederazione però il signor G ha sviluppato una ammirazione per la precisione l’ordine svizzeri. Anche in Svizzera il signor G vive in un paesello montano. E sa che il municipio che riunisce il suo e altri 4 paeselli della vallata (in tutto 170 abitanti) sta nel capoluogo ed è chiuso il mercoledì pomeriggio e il venerdì. Sa che la posta sta pure nel capoluogo. E sa che non ci sono banche. Tocca fare 15 minuti di macchina per scendere al piano.
Ma grazie ad internet il signor G riesce a fare quasi tutto da casa e non si lamenta.
Ma ora il signor G deve fare delle pratiche in Italia, in una realtà molto simile, ed è terrorizzato: la burocrazia italiana spaventa gli italiani… figuriamoci gli svizzeri, abituati a un paese in cui tutto è chiaro e funziona perfettamente.
Così il signor G per precauzione prende un po’ di giorni di ferie, si sposta al paesello e inizia dal Municipio. La cancelleria sta nel suo comune, è a 5 minuti a piedi: va a vedere gli orari d’apertura. Toh: è aperta. Toh: è aperta tutti i giorni.
Entra. Pile di scartoffie ovunque, disordine, scrivanie messe qua e là. “Oddio” si dice il signor G pensando alla pulizia e all’ordine della cancelleria del suo comune svizzero. Si fa coraggio e chiede i documenti che gli servono. In 5 minuti gli viene risposto che saranno pronti nel pomeriggio, ma che serve una marca da bollo. Il signor G. quasi sviene. Che sarà mai sta marca da bollo? “Si va da un tabaccaio e si compra una specie di francobollo da mettere sul documento” gli spiegano.
Chiedendosi perché non possano vendere la marca da bollo direttamente in comune, il signor G si mette alla ricerca del tabaccaio. Non c’è. Tocca prendere la macchina e andare al comune vicino. 10 minuti e il signor G è dal tabaccaio. Compra la marca da bollo, beve il caffè e nota che può pagare la fattura dell’enel sul posto. Mica male. Esegue, e con grandissima sorpresa scopre che a) la bolletta era stata pagata in precedenza e b) il sistema se ne è immediatamente accorto e l’ha risputata con tanto di ricevuta (il signor G è convinto di aver sentito anche una pernacchia, ma non è sicurissimo).
Già che c’è il signor G va in banca. Niente a che vedere con una banca svizzera: niente moquette, sportelli a vetri pulitissimi, silenzio e luccichio di lead dei pc. Mettendo in preventivo due ore almeno, il signor G. chiede di fare l’e-banking per il conto. Viene rimpallato da una polverosa scrivania macchiata di caffè all’altra, ma dopo 10 minuti in tutto è fatta. E-banking operativo. Niente doppia raccomandata al domicilio per pin, puk, registrazioni e via dicendo.
Tornato al paesello il signor G. si ferma all’ufficio postale per vedere in che giorno è aperto, visto che deve ritirare una raccomandata. Scopre che è aperto 3 mattine alla settimana, tra cui quella lì. Mica male per un paese di 200 abitanti. Ritira la posta, va in municipio, ritira i documenti, paga 52 cts. di spese. E torna a casa chiedendosi quanto costino allo stato quei servizi, quanto incidano sulle tasse, quanto possa essere diversa la situazione nelle grandi città, quanto gli abbia detto bene la fortuna. Poi si si rende conto che in una mattinata ha fatto tutto e lo aspettano tre giorni di vacanza. Allora si dice che sì, magari il sistema svizzero è più efficace, serio, e costa pure meno. Ma in fondo non è mica una gara.
Gino Ceschina
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Illustrazione di Corrado Mordasini
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