La Confederazione è meta prediletta di migliaia di calabresi che hanno cercato fortuna all'estero. Alcune storie emblematiche di questo particolare fenomeno migratorio.
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Marco Carlone e Daniela Sestito, Rsionline
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A partire dagli anni ’60, la Svizzera divenne una delle principali mete dell’esodo calabrese, accogliendo – insieme alla Germania – più di tre quarti di tutti gli emigrati della regione. Spinti dalla richiesta di manodopera, in 130’000 attraversarono l’Italia, percorrendo più di 1.300 km a piedi o in treno.
Nonostante abbia radici stabili tra le Alpi, la comunità mantiene un indissolubile legame con le terre natie. Da sempre, nel periodo delle feste, gli stalli delle città elvetiche si riempiono di emigrati d’ogni generazione, pronti a trascorrere la notte in bus per rivedere famigliari, amici, parenti. Una consuetudine che è più di un momento di vacanza e che rappresenta il punto di contatto con la CalabriaCollegamento esterno.
Finite le feste, il flusso riparte in senso contrario. I migranti riempiono le valige di soppressate, pane e olio “di giù”, portando con sé un po’ di Calabria. La loro è una vita a metà: da una parte la Svizzera, luogo del presente, della vita quotidiana; dall’altra la Calabria, pilastro della loro identità, posto dell’infanzia e degli affetti.
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