La Pasqua al tempo del coronavrus
Dal sacro al profano, dalle Chiese vuote ai ristoranti chiusi, la Svizzera, come la stragrande maggioranza dei paesi, si appresta ad affrontare la Pasqua in condizioni decisamente anomale.
In questo contesto la comunità cristiana si trova a vivere una Pasqua davvero mai vista prima: per evitare la diffusione del virus, infatti, dallo scorso 14 marzo in Ticino anche le messe sono state sospese. Come vivono sacerdoti, parroci e fedeli questa situazione mai accaduta prima nella storia? E ancora: in questo momento difficile, è possibile mantenere un legame profondo con le persone? Tante domande che riguardano la dimensione spirituale.
E tante domande più profane, ma non meno diffuse. Perché oltre alla fede, c’è la tradizione, la festa, la tavola imbandita, e – naturalmente – l’economia che ci gira intorno. Così, l’improvvisa chiusura degli esercizi pubblici a causa dal coronavirus è stata una doccia fredda anche per gli allevatori di capretti.
Cosa fare con le migliaia di animali nati nelle scorse settimane e destinati alla ristorazione? Cosa si saranno inventati concretamente? È bastato per limitare le perdite finanziarie? E a lunga scadenza quali conseguenze ci saranno per quanto riguarda l’offerta di grotti e i ristoranti ticinesi?
Restiamo sempre a tavola, ma… da un altro punto di vista: perché c’è chi in questa lunga emergenza non ha smesso di fare il proprio lavoro, seppur confrontato con molte difficoltà: andiamo a vedere come si vive un giorno in un supermercato, tra scaffali, corridoi, guanti e mascherine. Denner e Aldi ci aprono le porte.
E infine, il grande dubbio di queste settimane: nonostante le rassicurazioni della Confederazione e dei supermercati, davvero ci sono davvero riserve alimentari per tutti? Possiamo stare tranquilli? O, in fondo, fare grandi scorte è meglio? Breve viaggio tra carrelli, scaffali del supermercato e magazzini alla scoperta di un principio importante: stipare le dispense con chili e chili di farina, pasta o riso può essere controproducente.
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