L’avanzata di Heftar e il riposizionamento dell’Occidente
di Dario Fabbri
In Libia gli equilibri sono nuovamente cambiati. Esaurito l’entusiasmo per il tenue governo di coalizione nazionale voluto dall’Onu, il generale Khalifa Heftar ha saputo riaccreditarsi sul terreno e nei confronti della comunità internazionale. Sfruttando, oltre al sostegno politico della Francia, gli armamenti forniti da Egitto e petromonarchie e inserendosi magistralmente nella lotta contro lo Stato Islamico. Convincendo ora Italia, Stati Uniti e Gran Bretagna a rivedere la loro scelta di campo.
L’attesa svolta libica non c’è stata. O almeno non quella che presumeva buona parte dell’Occidente. Piuttosto che il governo del Faiez Al Serraj, a consolidarsi sono state fin qui le forze armate guidate dal generale Heftar, incentrate su Tobruk e impegnate nella lotta contro lo Stato Islamico collocato a Sirte. Le armi ricevute dagli alleati – soprattutto da Cairo, Riad e Doha – e la capacità di muoversi sul terreno hanno consentito ad Heftar di conquistare terreno e credibilità. Come dimostrato dalle ultime, spavalde dichiarazioni del generale: «Non riconosco il governo di unità nazionale. Non m’importa nulla delle sue decisioni: sono solo pezzi di carta. Non penso che questa soluzione imposta dall’Onu avrà successo».
Proprio il governo di unità nazionale, ufficialmente stanziato a Tripoli ma di fatto rinchiuso nella base navale di Abu Sitta, appare in netta difficoltà. Ed ora prova a correre ai ripari.
Negli ultimi giorni il premier Serraj è tornato a chiedere a gran voce la fine dell’embargo in materia di armamenti e ieri il vertice di Vienna, organizzato da Stati Uniti e Italia, ha stabilito che Tripoli potrà ottenere deroghe in materia. Specie per quanto riguarda caccia ed elicotteri. Inoltre i venti paesi partecipanti al summit hanno promesso che acquisteranno petrolio soltanto dalle istituzioni afferenti a Tripoli, nel tentativo di annullare l’abusiva vendita di greggio da parte delle autorità di Tobruk.
Tuttavia, a dispetto delle concessioni elargite a Vienna, la comunità occidentale non è affatto compatta al fianco del governo di unità nazionale. Anzi, da alcune settimane Roma, Washington e Londra sembrano giocare su due tavoli. Come la Francia fin qui. In queste ore forze speciali italiane, americane e britanniche opererebbero proprio in supporto delle truppe di Heftar. La svolta sottende due obiettivi distinti. Anzitutto contribuire all’offensiva contro lo Stato Islamico lanciata dalla Cirenaica e finora parzialmente efficace. Quindi la volontà di salire sul carro del vincitore, in caso di affermazione di Heftar e di definitivo collasso del governo guidato da al Serraj. Per questo, in assenza di un fronte univoco da sostenere, il governo italiano ha annunciato che non invierà ulteriori truppe in Libia.
Il rischio, armando e sostenendo entrambe le parti, è ovviamente quello di scatenare una sanguinosa guerra civile. Ma nei calcoli dell’Occidente è preferibile in futuro relazionarsi con unico soggetto se questo sarà in grado di imporsi sull’intero paese. Indipendentemente dalla sua entità e dalla scelta effettuata in partenza.
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