La “grande bellezza” salvata dal fallimento
di Aldo Sofia
L’Oscar al film di Sorrentino, proprio mentre il governo Renzi stacca il solito mega-assegno per evitare il “default”
A migliaia di chilometri di distanza, la giuria dell’Academy si apprestava a premiare “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino, Oscar per il miglior film straniero dell’anno. E io ripartivo da Roma dopo un lungo week-end di temporali, ripetendomi che quando piove a dirotto (o solo con insistenza) la città eterna, anche fingendo di dimenticare i recenti disastri, può diventare “la grande bruttezza”. Viuzze del centro spesso impraticabili, tombini che non fanno la loro parte, gimcane continue per schivare grandi pozzanghere che invadono anche i marciapiedi, frotte di turisti impietosamente investiti dagli schizzi di automobilisti frettolosi, e il Tevere che proprio “biondo” non è, e che ormai ogni anno diventa minaccioso. Il tutto aggravato dall’impossibilità (causa le innumerevoli e pericolose buche lungo il percorso) di “guardare in alto” – verso verdi terrazze, soffitti magnificamente decorati, suggestivi ornamenti – come di solito si consiglia ai visitatori affinchè scoprano anche quella incantevole parte del’impagabile “museo a cielo aperto”.
Mi è piaciuto “La grande bellezza”, metafora di un immeritato e indolente decadimento, che certo non parla solo di una città, e che forse, proprio come “La dolce vita” di Fellini, poteva essere pensato unicamente da un non romano, infatuato ma reticente. Molto meno è piaciuto il fatto che da molti palazzi della politica in tanti abbiano voluto “mettere il cappello” sulla dorata statuetta, con una valanga di telegrammi e tweet a celebrare “un primato italiano”. Comprensibile. Ma nulla può rivelarsi più implacabile del caso. E il caso ha voluto che il trionfo di Jepp Gambardella – il protagonista del film, scrittore che non ha più nulla da scrivere – sia arrivato proprio in coincidenza con il… salvataggio di Roma. Salvata per l’ennesima volta dall’imminente default, causato da una disastrosa situazione debitoria. L’Urbe è infatti indebitata per 14,9 miliardi di euro.
C’è voluta la scomposta minaccia di una generale “serrata” da parte del sindaco Marino (incolpevole del mega-buco, lui sta al Campidoglio da soli 10 mesi) per obbligare il governo (sì, anche quello di Matteo Renzi) a varare l’ennesimo provvedimento “salva Roma”: in sostanza un assegno di 750 milioni per far funzionare la capitale. Ancora In tempi recenti, Caput Mundi anche di “parentopoli”, clientelismo, ruberie, sprechi, 60 mila dipendenti fra Comune e “municipalizzate”, proporzionalmente un record europeo. “Hollywood premia così una Roma in fallimento” ha scritto Le Monde, magari un po’ rosicando (come si dice in romanesco) per l’Oscar “italien”. Allora leggete qui: “Se facciamo il paragone con quello che oggi è Roma, il risultato è sconfortante”. Parole del più ciociaro degli attori-registi romani, Carlo Verdone, co-protagonista del film. Naturalmente innamorato pure lui di Roma. A volta con rabbia.
Aldo Sofia
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