La guerra sulle schede dall’estero: forse decisive, ma “pericolose”
Un fantasma s'aggira sull'Italia. Arrivato da fuori. È infatti il voto degli italiani residenti all'estero. Che votano. E che potrebbero risultare decisivi nel tirato referendum del 4 dicembre. Dunque allo stesso tempo temuti e corteggiati. Ma soprattutto oggetto dell'ennesimo scontro nell'infuocato dibattito in vista della consultazione che Matteo Renzi ha voluto trasformare in un decisivo test sulla sua politica. E sulla sua persona.
Così, la partecipazione al voto di chi vive al di fuori della Penisola ridiventa un caso. È accaduto spesso dal 2001, anno di nascita della legge che disciplina questa partecipazione. Anzi, al di là della quasi unanime e interessata adesione del mondo politico, già quindici anni fa non mancarono le perplessità. Per amor di patria, dovrebbe votare anche chi dall’Italia è lontano da decenni, addirittura chi non ci è nato, non conosce i suoi problemi, non è informato, non segue il dibattito nazionale, conosce poco e male i suoi protagonisti?
Ma più di questo, il problema principale subito emerso fu la concreta , comoda, inverosimile possibilità di schivare le regole del voto libero e segreto, che viene espresso per corrispondenza: per cui fra le pareti domestiche, al bar, o in qualche circolo associativo, l’influenza di famigliari, amici, conoscenti può allegramente, comodamente forzare la mano del cittadino elettorale, indirizzarlo su scelte suggerite da altri.
E infatti gli scandali non sono mancati, inchieste e ricorsi si sono moltiplicati, e clamorosi brogli sono stati accertati per nel caso del voto in Argentina, uno dei serbatoi più generosi di abitanti con passaporto tricolore. La casistica è ricca: falsi domicili, indirizzi sbagliati, migliaia di schede firmate da un’unica persona, in un caso l’elezione di un parlamentare accusato di una grande truffa che per sfuggire alla giustizia si era inventato una domiciliazione a Bruxelles. E stavolta c’è di mezzo la riscrittura di un terzo della Costituzione, e la minaccia di ricorsi
Eppure, mai come in occasione di questo referendum gli italiani fuori Italia sono stati così corteggiati. Soprattutto Renzi e (con ritardo) Grillo hanno fatto attraversare mari e monti ai loro colonnelli, portando in capitali lontane gli argomenti e le polemiche su cui ci avrà capito poco un auditorio “estero” lontano dalle abitudini e dalle tesi della confusa campagna elettorale italiana. Da tre lustri si ripete che, se non cancellata, la legge sul voto degli espatriati andrebbe meglio organizzata per impedire trucchi e inganni. Ma una classe politica distratta e passiva non ha mai provveduto alla necessaria riforma. Invocata soltanto quando si aprono le urne, e rimessa nel cassetto immediatamente dopo.
Senza tornare sul paradosso già commentato in questa rubrica: gli italiani all’estero corteggiatissimi, mentre con la nuova Costituzione nemmeno avranno diritto ad avere loro rappresentanti nel prossimo Senato. Come un tacchino invitato al pranzo di Natale.
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