Se mi procuro illegalmente un documento da cui risulta con certezza un furto importante, e se con altrettanta certezza quel documento denuncia l’autore del furto, che ne sarà della mia eventuale testimonianza? Servirà a incastrare il ladro davanti ai giudici? Oppure il documento non potrà essere usato in un eventuale processo perché illecitamente acquisito, e addirittura da accusatore divento accusato, passibile di una pesante condanna?
Grosso modo, è questo il “dilemma Falciani” , l’ex impiegato della sede ginevrina della banca inglese HSBC, che rubò i dati di migliaia di clienti mettendoli a disposizione di alcuni governi europei, e che, secondo la recente inchiesta giornalistica denominata “SwissLeak”, dimostrerebbe per il periodo novembre 2006-marzo 2007 una gigantesca frode internazionale: 180 miliardi di euro “nascosti” da oltre centomila clienti e ventimila società off-shore.
Ora anche la Svizzera vive in qualche modo il suo “dilemma Falciani”. In effetti, il blitz della magistratura ginevrina nei locali della banca in Quai des Bergues, e l’apertura di un’inchiesta penale, appare in contrasto con la “passività” di Berna, cioè del Ministero Pubblico della Confederazione, che pur avendo a disposizione da anni la famosa “lista”, non ha mai ritenuto di attivarsi. Come mai?
Fra i clienti della HSBC vi sono nomi di trafficanti di armi e droga, o gente con precedenti per loschi affari, per cui potrebbe configurarsi il reato di riciclaggio aggravato. E’ il pesante sospetto che ha fatto scattare l’inconsueta iniziativa del procuratori ginevrini Yves Bertossa e Olivier Jornot. Ginevra fa dunque ciò che Berna aveva ritenuto di non poter fare: “La situazione di questi dati è molto delicata – aveva spiegato pochi giorni prima del blitz Michael Lauber, procuratore generale della Confederazione – : si tratta di dati rubati, e non sono dunque utilizzabili dalla giustizia”, e quindi l’unico accusato da portare a processo rimane lo stesso Hervé Falciani. Replica in sostanza il procuratore ginevrino Jornot: a noi non interessa la lista Falciani, al di là di essa la perquisizione si prefigge di acquisire elementi di prova relativi a fondi provenienti da infrazioni penali.
Conflitto di competenze, scontro di interpretazione giuridica, sensibilità diverse? Sta di fatto che col blitz ginevrino la Svizzera si trova di fronte a una situazione bizzarra, con la giustizia federale convinta che un’inchiesta sulla HSBC sia illegale, mentre quella romanda è convinta che la perquisizione possa legittimamente acquisire le stesse informazioni sottratte da Falciani. E di poterla eventualmente servirsene in aula.
Dibattito e confronto in realtà ancora aperti anche all’estero. Ci sono paesi (dalla Francia al Belgio) che si servono della lista e dello stesso Falciani per incastrare i propri evasori. Ma altri no, o non ancora. E’ il caso dell’Italia, che, secondo “Il Sole 24 ore”, sul tema dei “files che scottano” è addirittura “nel caos”. Ci sono infatti Tribunali che si sono già espressi contro la possibilità di servirsi della dei dati rubati, e altri giudici tributari che – basandosi sulla giurisprudenza della Cassazione – ritengono ammissibile prove acquisite in modo irrituale.
Il “dilemma Falciani”, dunque, non è solo svizzero.
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