Maestro indiscusso dello spaghetti-western, Sergio Leone dedicò quasi tutti i suoi film da regista all'immaginario americano. Terminata l'ultima pellicola che poté dirigere, rilasciò questa intervista, dove attraverso il racconto di anni di lavoro, traccia anche un ritratto di sé.
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tvsvizzera.it/ri con RSI (Teche)
Festival di Cannes 1984. Il regista, sceneggiatore e produttore italiano presenta, fuori concorso, ‘C’era una volta in America’, la pellicola che completa la cosiddetta trilogia del tempo, in sospeso dopo ‘C’era una volta il west’ (1968) e ‘Giù la testa’ (1971).
Tratto dal romanzo ‘Mano armata’ di Harry Grey, è la storia di una banda di giovani malviventi -cresciuti nel Lower East Side a New York nel primo dopoguerra, poi gangster all’epoca del proibizionismo- e in particolare di uno di essi, detto ‘Noodles’, che si immagina ritornare in città oltre quarant’anni dopo.
Nella primavera del 1984, anno di uscita del film nelle sale, Sergio Leone concede alla Televisione svizzera RSI una lunga intervista, nella quale descrive il suo cinema “fatto di immagine, fantasia, racconto”.
Il regista parla a Gino Buscaglia della scelta degli attori: una volta scritturato Robert De Niro, gli altri sono stati scelti “in funzione di Bob”. Riconosce che la durata del film (3 ore e 49 nelle sale italiane) è importante, ma “ci sono film cortissimi che sembrano interminabili”, commenta.
Rievoca anche i luoghi in cui è stato girato (New York, Tampa, Venezia, Parigi, Cinecittà), il rapporto instaurato con gli abitanti di alcuni quartieri “blindati” dal set e di come a Montréal abbia trovato la metà, delle “location” annotate nei primi sopralluoghi.
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L’intervista a Sergio Leone fu trasmessa originariamente il 5 maggio del 1984 nella trasmissione ‘Grande schermo’.
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