Mentre l’Europa consolida la ripresa, l’Italia è ferma
di Francesco Doveri, LaVoceInfo
Chi cresce nell’Eurozona
Le stime preliminari del Pil del quarto trimestre indicano che nell’ultimo scorcio del 2014 la ripresa si è complessivamente consolidata in Europa, con una crescita congiunturale dello 0,4 rispetto al trimestre precedente (quando era stata dello 0,2 per cento). È una crescita spinta dal basso cambio dell’euro (-7 per cento nel quarto trimestre rispetto a quello precedente) e dai bassi prezzi dell’energia (-4 per cento nel trimestre).
I benefici di cambio e petrolio bassi si vedono prima di tutto in Germania. L’economia tedesca è cresciuta dello 0,7 per cento nel quarto trimestre rispetto al trimestre precedente, il che porta (porterebbe: è solo una stima preliminare anche se affidabile) la crescita del Pil di Berlino nel 2014 a un +1,6 per cento, in netta accelerazione rispetto al +0,5 per cento del 2013. Un valore peggiore delle previsioni di inizio anno, ma migliore dei timori di metà anno. L’accelerazione della crescita tedesca avviene in un contesto di inflazione rapidamente in calo verso lo zero nel trimestre, inflazione che è poi scesa sotto lo zero (al -0,5 per cento) già nel mese di gennaio, per la prima volta dal 2009. Almeno in Germania, i temuti effetti negativi della deflazione (che hanno motivato il lancio del piano di acquisto di titoli da parte della Bce nel mese di gennaio) sono per ora dunque più che controbilanciati dagli sgravi della bolletta energetica nei bilanci delle famiglie e delle aziende.
Ma a beneficiare delle favorevoli condizioni esterne del quarto trimestre non è solo la Germania: anche la Spagna vede aumentare il suo Pil dello 0,7 per cento. Un dato che, se confermato in modo definitivo, porterebbe il Pil spagnolo 2014 a una crescita dell’1,3 per cento. Una netta inversione di tendenza rispetto al -1,2 per cento del 2013 e, più in generale rispetto alla lunga serie di trimestri di crescita negativa successivi alla crisi dell’estate 2011. Sulla crescita spagnola – alimentata da riforme opportune e dai finanziamenti europei a queste connesse – pesano dubbi di sostenibilità, suggeriti dai valori negativi del saldo di bilancia commerciale. E certamente una crescita in deflazione rende più difficile rimborsare il debito pubblico spagnolo cha ha ormai raggiunto il 92 per cento del Pil (in Germania è solo il 79 per cento).
Ma intanto rimane il fatto che a Madrid, a differenza che nelle altre capitali del sud Europa, l’economia ha ripreso a marciare a passo spedito.
Nell’Eurozona gli altri grandi paesi non crescono al passo spedito di Germania e Spagna. Ad esempio, la Francia registra un modesto +0,1 per cento nel quarto trimestre, che porterebbe la crescita annua dell’economia francese a un +0,3 per cento, sostanzialmente in linea con i (modesti) risultati degli anni precedenti.
E poi c’è l’Italia che, con il suo Pil inalterato rispetto al trimestre precedente, fallisce il ritorno alla crescita e non riesce a evitare di chiudere il 2014 con un altro segno meno (-0,3 per cento) dopo i pessimi risultati del 2012 (-2,4) e 2013 (-1,9). L’Italia è l’unico tra tutti i grandi paesi del mondo con un Pil che diminuisce rispetto al livello dell’anno precedente.
Un bicchiere mezzo pieno
Buone notizie vengono invece dai due grandi paesi UE fuori dall’Eurozona, cioè Regno Unito e Polonia. Prosegue la corsa del Regno Unito (paese esportatore di petrolio) che rallenta marginalmente al +0,5 per cento, ma chiude il 2014 con uno +2,5 per cento rispetto al 2013, con una crescita simile a quella degli Stati Uniti. Un dato che appare stellare per gli standard di un’Europa ancora attanagliata dalla bassa crescita.
Nel complesso, l’irrobustimento della crescita economica in Germania è un bicchiere solo mezzo pieno per gli altri partner europei che crescono poco. Da un lato, più di metà delle importazioni tedesche proviene dall’Eurozona. Quindi una rapida crescita in Germania aiuta anche la Francia e l’Italia. Ma una rapida crescita in Germania (e anche nella Spagna la cui classe politica sta pagando i costi politici dei sacrifici degli anni precedenti) accoppiata con una crescita meno rapida in Francia e Italia complica il compito della Bce e della Commissione europea nell’attuazione di politiche di sostegno all’economia, di cui comunque – viste le nubi che arrivano dalla Grecia e dall’Ucraina – continua a esserci un gran bisogno.
La crescita zero dell’Italia segnala una volta di più l’urgenza che il Governo faccia di più e in fretta per l’economia.
Da questo punto di vista, appare singolarmente inappropriata la scelta di rinviare ai mesi a venire l’approvazione della delega fiscale dalla quale (e dai provvedimenti connessi) arriverebbe un importante aiuto a un’economia che invece continua ad arrancare.
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