Morti nel silenzio
La trasmissione della Radiotelevisione svizzera Patti chiari indaga sui 151 decessi per COVID-19 nelle case anziani della Svizzera italiana.
5 marzo 2020: il COVID-19 entra per la prima volta nelle case anziani della Svizzera italiana.
Succede a Chiasso nella casa Giardino. In due mesi, nelle strutture del Ticino, moriranno 151 residenti. Si sapeva che il virus si accaniva con gli over 65, ma non si è riusciti a proteggerli. Quei 151 anziani si sono spenti nel silenzio, soli, senza contatti con le famiglie, senza l’ultimo saluto dei loro cari che spesso non sono nemmeno riusciti a sapere cosa stesse accadendo.
Un bilancio pesante, umano e psicologico, se si pensa che in Ticino in totale si contano 350 morti per COVID-19, 151 appunto solo nelle case per anziani. E mentre l’epidemia dà segni di voler lanciare il secondo assalto, Patti chiari indaga su quelle morti per raccontare cosa non ha funzionato, cosa non si sapeva, cosa si è eventualmente sbagliato e cosa si potrà fare per evitare che una simile tragedia possa ripetersi.
“Pensavo che tu fossi al sicuro… e invece!”. Così scriveva in un necrologio la figlia di un anziano deceduto in una struttura ticinese. Le case anziani erano state blindate il 9 marzo, 12 giorni dopo l’annuncio del primo caso, e quando ormai la Lombardia, da cui proviene parte del personale che lavora nelle case anziani, si contavano 4’500 contagiati e 333 morti.
Abbiamo chiuso gli anziani in scatole, pensando di proteggerli, ma in alcune di quelle scatole il virus era già entrato, introdotto anche, inconsapevolmente, da chi doveva occuparsene. Si poteva agire diversamente? Una domanda che col senno di poi e le conoscenze di oggi può sembrare retorica, ma sono in molti a chiederselo, in particolare parenti e dipendenti, che hanno visto morire genitori, coniugi e pazienti e che hanno voluto raccontare a Patti chiari il loro sbigottimento, le loro impressioni, le inadeguatezze del sistema.
Racconti pieni di sofferenze e di dolore, ma anche di rabbia, da cui emergono storie di anziani lasciati girare liberamente nelle strutture, di personale sanitario che lavora con la febbre e con i sintomi influenzali, di fallito isolamento dei pazienti, di mancati ricoveri in ospedale, di residenti asintomatici che per settimane hanno continuato a diffondere il virus senza che nessuno se ne accorgesse. Oggi porsi domande è invece un dovere, per capire e ricostruire le dinamiche di ciò che è successo. E per evitare che si ripeta.
Discussioni in studio con le cittadine Marta Wardn e Stella Crocco, Paolo Bianchi, direttore della Divisione della salute pubblica TI, Mattia Lepori, medico dello Stato maggiore cantonale di condotta, Roberto Malacrida, municipale di Bellinzona.
Sul sito di Patti chiariCollegamento esterno le prese di posizione.
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