Nato a Pollegio nel 1890, Plinio Romaneschi fu un uomo coraggioso e pioniere della sua disciplina: dopo essersi lanciato col paracadute 555 volte, tra ponti e aerei in più modalità, a 49 anni di età tentò il "volo umano".
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tvsvizzera.it/ri con RSI (Teche)
Il 20 agosto del 1939, c’erano 5 mila persone ad attenderlo a Malvaglia. Romaneschi indossò quella che oggi chiameremmo tuta alare. Un dispositivo che aveva sviluppato con un amico -come lui ticinese residente in Francia- e che definì “ali meccaniche”.
Sganciatosi dalla cabina della locale funivia, a 150 metri da terra, tentò di planare ma non ci riuscì: dovette aprire il paracadute, che aveva prudentemente messo sulle spalle.
Un volo mancato che forse, sulle prime, ne ridimensionò il mito. Ma che a quasi ottant’anni di distanza non toglie nulla alla storia dell’unico uomo della Svizzera italiana che, fino alla prima metà del Novecento, poté presentarsi come “paracadutista acrobatico”.
Questo ritratto di Plinio Romaneschi, curato dal suo biografo Plinio Grossi, fu trasmesso dalla Televisione svizzera ne ‘Il Regionale’ del 12 agosto 1975, a 25 anni dalla morte avvenuta il 2 agosto del 1950.
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Il video propone le testimonianze di Aldo Romaneschi, suo cugino, Olinto Carmine, pilota che ne ricorda figura, Giuseppe Madonna, testimone di un lancio dal ponte della Ferrovia Centovallina a Intragna, Elvezio Prospero, tra i promotori del lancio dalla funivia di Malvaglia, ed Ezio Sartori, pilota.
Nota
Nel filmato, Aldo Romaneschi e Giuseppe Madonna si esprimono in dialetto ticinese. Romaneschi ricorda come il cugino fosse un giovanotto in gamba e assicura che percorresse –o almeno provò a percorrere- il muretto protettivo di un ponte sul fiume Brenno con la bicicletta.
Madonna, invece, racconta come Romaneschi, posizionato un asse sul ponte di Itragna e agganciatosi sotto di esso col paracadute, non si lanciò subito. Tanto che le persone che lo avevano accompagnato a un certo punto gli sconsigliarono di farlo.
Lui, invece, si lasciò cadere. Aprì il paracadute verso metà altezza da terra, e la corrente lo portò verso monte, dove atterrò tra i rami (“l’ho visto bene, ha preso un colpo ed è finito gambe all’aria”, dice il testimone). Lo aspettavano un prete e un medico.
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