Perché agli USA fa comodo la tensione fra Turchia e Russia
di Dario Fabbri (Limes)
L’abbattimento da parte turca di un caccia russo Su-24 rappresenta il più serio incidente militare dall’inizio della guerra siriana. Sebbene non determinerà l’inizio di un conflitto tra Mosca e Ankara, potrebbe annullare la cooperazione energetica tra i due paesi e complicare ulteriormente la risoluzione diplomatica della crisi siriana. Con sommo gaudio degli Stati Uniti che da sempre guardano con sospetto al rapporto tra Russia e Turchia.
Aldilà delle rispettive versioni contrastanti, è certo che il jet russo abbia violato lo spazio aereo turco per circa 10 secondi e che sia stato il primo ministro Ahmet Davutoglu ad ordinare l’attacco. Incerta la sorte dei due piloti: secondo Ankara sarebbero vivi, mentre i ribelli turcomanni sostengono di averli uccisi entrambi, assieme ad un altro marine russo parte del team giunto sul luogo per mettere in salvo i suoi commilitoni. Nel caso in cui i due militari fossero ancora vivi e Davutoglu stesse sfruttando la propria influenza per ottenerne la liberazione, la crisi assumerebbe contorni meno gravi ma non potrebbe certo considerarsi risolta. Anzi.
Il (temporaneo) tramutarsi della guerra per procura siriana in uno scontro diretto tra le parti avrà un notevole riverbero sul conflitto stesso e sull’attuale congiuntura geopolitica. L’intervento russo in Siria, teso soprattutto a puntellare il regime di Damasco, ha inciso negativamente sul tentativo turco di costituire una no-fly zone nel nord del paese e in ultima istanza di rovesciare al-Assad. Inoltre dal 30 settembre l’aviazione di Mosca ha colpito più volte proprio gli insorti turcomanni foraggiati dal governo Davutoglu.
Ora la rappresaglia turca allontana il possibile compromesso tra le diverse potenze impegnate nella contesa. Mosca probabilmente non risponderà sul piano militare – Ankara è tra i principali clienti del gas siberiano – ma si mostrerà più rigida nei confronti delle richieste di americani, turchi, sauditi e delle altre monarchie del Golfo riguardanti il futuro assetto della Siria. Rifiutandosi di trattare con molti dei ribelli, specie i turcomanni, e alzando il prezzo per accettare l’abdicazione di al-Assad. Così gli accresciuti disaccordi tra attori esterni renderanno più complicato coordinare l’offensiva aerea contro lo Stato Islamico.
Ancora più rilevanti gli effetti che l’incidente del 24 novembre avrà sul piano internazionale. Dopo aver mantenuto una posizione volutamente ambigua, evitando di schierarsi apertamente nello scontro tra Russia e Occidente, l’affronto nei confronti di Mosca e l’immediata consultazione con i partner della Nato segnala una palese scelta di campo da parte turca. Una svolta che peraltro fa seguito alla recente decisione di Ankara di rinunciare all’acquisto di un sistema di difesa anti-missile di produzione cinese e alla sospensione dei colloqui per la costruzione assieme alla Russia del gasdotto Turkish Stream.
Eventi che rincuorano soprattutto gli Stati Uniti, da tempo impegnati ad ottenere l’incondizionato appoggio dell’esecutivo turco. In particolare la possibile cancellazione di Turkish Stream, resa maggiormente probabile dall’abbattimento del caccia russo, sarebbe accolta con straordinario favore da Washington che, proprio per colpire il Cremlino, vorrebbe utilizzare la Turchia come rotta per il gas iraniano diretto verso l’Europa. Così un notevole deterioramento delle relazioni tra i presidenti Putin ed Erdogan, in caso di guerra tra Mosca e Washington nel Mar Nero, potrebbe risultare nel definitivo sostegno di Ankara in favore della superpotenza a stelle e strisce. Ovvero il soggetto che più beneficerà da quanto accaduto nello spazio aereo turco.
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