“Pipita” Higuain, bomber e martire
di Aldo Sofia
Se volete capire un po’ di più della febbre dei partenopei tifosi del Napoli, andate in Via San Gregorio Armeno, scendete lungo la stradina famosa per i suoi fantasiosi presepi animati da figure del Settecento, fatevi sorprendere dalle statuine che con la Natività non hanno proprio nulla a che vedere (dal Berlusconi stretto all’olgiattina di turno agli altri personaggi della politica italiana), e vi accorgerete che i campioni locali della ‘pelota’ sono i più esposti: c’è ancora (e sempre ci sarà) la statuina di Diego Maradona, e poi i vari Cannavaro, Ferrara, Cavani e ‘tarantella’ Insigne.
Altre statuine possono essere sostituite, ma non quelle della passione calcistica, di ieri e di oggi. In questa sempiterna galleria non poteva mancare Gonzalo Higuain, il bomber argentino che ha fatto sognare il San Paolo. Fino a quando all’argentino (argentino proprio come il “pibe de oro” dell’ultimo, ormai lontano scudetto) non sono saltati i nervi nella trasferta di Udine: Napoli sotto di due reti, fallo dell’argentino, cartellino rosso, arbitro insultato dal “pipita”, 4 giornate di squalifica, e titolo praticamente consegnato alla Juve proprio dall’uomo simbolo della rinascita partenopea.
Una stangata per il capocannoniere del campionato (30 gol in 31 partite). Naturalmente eccessiva, ingiusta e ingiustificata, per il popolo ‘azzurro’. Che scatena la sua rabbia sui social media. E che naturalmente denuncia la ‘scandalosa sudditanza’ della classe arbitrale nei confronti proprio dei rivali bianconeri, con il difensore Bonucci graziato appena una settimana prima, nonostante avesse minacciosamente ‘appoggiato’ il suo volto irato sulla tempia dell’arbitro Rizzoli (“ma non mi ha dato una testata”, sostiene l’ineffabile direttore di gioco). Ma Napoli è città che si appresta alle incerte elezioni per sindaco e consiglio comunale. Figurarsi quindi se una politica in fibrillazione e in cerca di voti non si attacca al suo “santo” o martire protettore (non Gennaro, ma Gonzalo). La palma del più sguaiato la conquista il candidato-sindaco del centro-destra Lettieri, che tempestivo twitta: “E’ una mafia calcistica, uno schifo, stima a Higuain, per la giusta reazione a un’espulsione vergognosa”. Una scemenza colossale, in cambio di un piccolo e meschino pacchetto di voti.
Che la politica si possa servire del calcio è storia ormai ampiamente consolidata, e non solo nella città di pulcinella. Gonfiando, così, anche le vele del tifo violento. Alzi la mano la tifoseria che non comprende e ingloba qualche facinoroso e pericoloso idiota. Come quel ‘Jerry a’carogna’, al quale – dopo l’omicidio del giovane napoletano Ciro Esposito – le autorità dovettero addirittura e vergognosamente chiedere l’autorizzazione per il fischio d’inizio di una finale di Coppa Italia contro la Fiorentina. In tribuna c’era anche il tifoso viola Matteo Renzi. Del resto, in una città come Napoli, l’attuale primo cittadino ha fatto proprio del pipita la sua stella polare e il suo ispiratore. Disse infatti, lo scorso anno, il sindaco de Magistris: “Io sono come Higuain, sempre all’attacco per il ben e comune”. Metafora utile a nascondere gli innumerevoli guasti della capitale campana. Che insieme ai suoi tifosi é fra le più insultate negli stadi della Penisola.
Meglio allora pensare all’ironia con cui spesso i napoletani sanno replicare ai cori e agli striscioni razzisti e indegni dell’inciviltà calcistica. Un esempio: “Forza Vesuvio”, era stato lo slogan a caratteri cubitali esibito durante una partita a Verona, la romantica città di Romeo e Giulietta. Ci si chiese, con qualche preoccupazione, come la curva partenopea avrebbe reagito all’insulto nel match di ritorno. Semplice: “Giulietta, tu si ‘na zoccola’.
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