Reati finanziari in Ticino, a rischio la fiducia degli italiani
"Io mi considero un patologo, posso intervenire solo dopo che il crimine è stato commesso, e cercare di capire in che modo la vittima è stata uccisa". Parola di Fabio Tasso, il "Maigret" ticinese che indaga sui reati economici sulla piazza economica del Cantone.
Capo della sezione anti-crimine economico della Polizia cantonale, il commissario Tasso è uno dei protagonisti del documentario-inchiesta con cui la rubrica “Falò” della RSI ci accompagna in un viaggio che svela uno degli aspetti meno noti, o comunque meno documentati, di quella che è la principale fonte di guadagno del comparto economico ticinese. Infatti, quanti sanno che nel 2015 in Ticino il numero delle inchieste per i reati economico-finanziari è aumentato di ben il 25 per cento? Oppure che, statisticamente, meno del 20 per cento di questo tipo di reato viene alla luce? O, ancora, che nonostante l’importanza della “piazza” ticinese, su scala europea i detenuti per reati economici in Ticino sono una quota bassissima?
Eppure, negli ultimi tempi, le cronache sono dense di notizie di “colletti bianchi” che diventano “colletti sporchi”. Società di facciata appositamente costituite per truffare le assicurazioni sociali (documentati tre casi che complessivamente hanno provocato danni per un milione di franchi); altre che vengono organizzate per spremere il più possibile inconsapevoli clienti (nei confronti di 8 società di lavoro interinale e di altre fatture mai pagate si arriva a un bottino complessivo di otto milioni di franchi).
Ci sono anche i casi di fiduciari (nel Cantone sono ufficialmente ben 1’600, ma soprattutto vi è un gran “sommerso”) che dovrebbero piazzare capitali italiani in fuga anche dalla Svizzera che vengono denunciati per la sparizione di diversi milioni (nel caso raccontato si arriva a una ventina di milioni), clienti italiani che si vedono il loro conto svuotato, oppure lo scandalo extra-bancario più importante, con la sparizione di circa 60 milioni di franchi. E poi, l’ “anno nero” dei cantieri ticinesi, con due mega-scandali che hanno rivelato fino a che punto possa arrivare lo sfruttamento dei lavoratori (nel caso Emme Suisse, società italiana con “ufficio” in Ticino. “Nonostante gli sforzi di ammodernarsi per competere a livello internazionale, certi comportamenti sulla nostra piazza finanziaria mettono a rischio il nostro bene più prezioso: la fiducia della clientela soprattutto italiana”, dice il difensore di una famiglia lombarda vittima di una grave malversazione, e che ha visto andare in fumo, letteralmente sparire quasi tre milioni di franchi.
Mancanza di controlli, leggi che non hanno il necessario supporto per essere efficaci, inadeguatezza degli strumenti investigativi, impossibilità di operare sul piano della prevenzione. E anche la difficoltà culturale di fronteggiare situazioni illegali in un settore che per tanti anni ha “comunque fatto girare e crescere l’economia locale”. Ma mondializzazione, libera circolazione, “volontary disclosure” e imminente fine del segreto bancario elvetico impongono un cambiamento.
Intanto i dossier si accumulano nell’ufficio del Commissario Fabio Tasso, e nei depositi della polizia finanziaria (che, fatto senza precedenti, “Falò” ha potuto filmare all’interno, senza operò rivelare dove si trovino). Dossier il cui esame deve essere portato a termine prima di passare (se le prove di un reato sono probanti) alla magistratura. Ma anche qui c’è un problema non piccolo: “Se non dovessimo occuparci di nessuna nuova inchiesta e fossimo finalmente in grado di occuparci esclusivamente dei casi ancora aperti, per smaltirli tutti ci vorrebbero almeno due anni”.
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