Un clima in acque agitate
Quali sono le insidie del riscaldamento globale per l’acqua, la risorsa per eccellenza della Svizzera? L’intervista della RSI ad un esperto dell’Istituto federale di ricerca per le foreste, la neve e il paesaggio (WSL).
È l’acqua la risorsa principale della Svizzera. L’acqua, di elevata qualità, che arriva ogni giorno fino ai rubinetti del paese. I grandi quantitativi destinati a usi industriali e alla produzione di energia. Quell’acqua che giunge dal cielo in quantità considerevoli (ben 60 miliardi di metri cubi all’anno) e che dal territorio elvetico, veicolata dai grandi fiumi, arriva in vari paesi per poi riversarsi nel Mare del Nord, nel Mediterraneo e nel Mar Nero. Il territorio elvetico, che da solo detiene più del 6% delle risorse d’acqua dolce del continente, viene così a buon diritto definito come “il serbatoio idrico d’Europa”.
Tanta abbondanza, tuttavia, non è ovviamente al riparo dalle conseguenze del riscaldamento globale. La Svizzera non ne è certo risparmiata e la catena alpina, anzi, risulta esposta a effetti incisivi; gli stessi che gli studiosi monitorano costantemente ormai da anni. In questo senso il fenomeno più appariscente è quello dello scioglimento dei ghiacciai. Ma le insidie dei mutamenti del clima si estendono, per l’acqua, su una scala decisamente più articolata. Con ripercussioni che investono tutte le dinamiche della distribuzione delle risorse idriche nel paese.
Il recente ritiro degli Stati Uniti dagli accordi di Parigi ha accentuato le apprensioni sull’impatto del riscaldamento globale e sulle prospettive, inquietanti, che esso implica. Intanto ogni paese è chiamato a fare i conti con gli effetti che più direttamente si stanno già manifestando sul proprio territorio. E quelli che in Svizzera concernono l’acqua attirano ormai da anni le attenzioni e le riflessioni dei ricercatori. Sullo sfondo, una domanda precisa: sul lungo termine, quali scenari si preannunciano?
Sgomberiamo però subito il campo da timori ingiustificati: “le precipitazioni in Svizzera sono sempre state abbondanti e, anche in futuro, riceveremo più acqua rispetto a tante altre regioni del mondo”, rassicura Massimiliano Zappa, idrologo presso l’Istituto federale di ricerca per le foreste, la neve e il paesaggioCollegamento esterno (WSL). Fatta questa premessa, va però precisato che cambiamenti ci saranno, che sono già in atto e che concernono – spiega l’esperto del WSL – sia la distribuzione delle precipitazioni, sia il regime di accumulazione e fusione delle nevi. E il quadro che ne scaturisce non è certo confortante.
Sull’onda del riscaldamento globale, in Svizzera “i ghiacciai si ritirano e la coltre nevosa non è più quella che era qualche decennio fa”. Quella neve, che non si forma più, “arriva già in inverno come pioggia. Quindi i fiumi maggiori ricevono più acqua in inverno e meno acqua in estate, dal momento che la stagione della fusione è già finita” e viene così a mancare quell’acqua che non è stata accumulata sotto forma di neve. Quanto ai ghiacciai, il loro scioglimento finisce per liberare acqua in surplus rispetto a quella che arriva con le piogge, determinando in tal modo la rottura di un antichissimo equilibrio. “Volendo fare un paragone economico, stiamo intaccando un capitale accumulato in precedenza. Come un secondo pilastro…” osserva Zappa, soffermandosi sull’assottigliamento di questa riserva supplementare di acqua nelle Alpi.
Sul piano geografico, a lungo termine, ci si aspetta una maggiore quantità di precipitazioni nel nord della Svizzera – soprattutto in autunno ed in inverno – a fronte però di minori precipitazioni a sud delle Alpi. Ciò si tradurrà in precisi effetti sul territorio: “si è visto che parecchie foreste localizzate nelle parti inferiori del Ticino e del Vallese stanno soffrendo per la carenza di risorse idriche… Le foreste fanno fatica a mantenere il loro vigore e possono quindi anche morire”, rammenta l’idrologo del WSL, sottolineando i rischi che una moria può determinare per la stabilità dei pendii e per il contenimento dei pericoli nel caso di temporali e piene improvvise.
E i fiumi? Per quelli maggiori come il Reno e il Rodano, a causa della riduzione dell’accumulazione delle nevi, il livello massimo dei deflussi medi anziché arrivare a metà maggio tende già ad arrivare qualche settimana prima. Quindi, “se ora il periodo di relativa magra per i fiumi maggiori è l’inverno, in futuro sarà soprattutto il periodo estivo, e con conseguenze anche per la navigazione e il trasporto di beni lungo la via d’acqua fra Basilea e Rotterdam”. A imporsi, in buona sostanza, sarà la necessità di navi con un pescaggio più ridotto. E con tutti i costi che ne conseguiranno.
Fin qui, le conseguenze riconducibili alle dinamiche dei mutamenti climatici. Ma le riflessioni sul futuro dell’acqua in Svizzera non possono certamente prescindere da altri determinanti fattori, come l’ampiezza dei consumi e l’efficienza della distribuzione nella rete. C’è la necessità, sottolinea Zappa, di interventi per evitare le notevoli perdite d’acqua che, soprattutto nelle città, si verificano a causa di canalizzazioni vecchie di decenni. E c’è – in particolare – l’inevitabile aumento dei consumi legato alla crescita demografica del paese.
Consumi d’acqua in crescita, ma disponibilità che potrebbero finire sotto pressione in periodi con insufficienti precipitazioni. “Gli approvvigionamenti di norma non sono un problema. Ma in situazioni estreme, con piogge limitate per 2-3 mesi di fila, i consumi possono arrivare a livelli tali per cui gli approvvigionamenti non possono essere garantiti nel modo in cui tutti desidererebbero”, osserva l’esperto del WSL. Visto l’interesse di tutti all’uso dell’acqua, non si può quindi escludere, in simili circostanze, l’eventualità di conflitti d’attribuzione fra più ambiti. E “avere un’idea sui settori a cui dare priorità è qualcosa deve essere discusso dai responsabili della gestione delle risorse nei bacini”, conclude l’idrologo del WSL.
L’acqua, risorsa vitale, è una ricchezza di cui la Svizzera continuerà ampiamente a beneficiare. Ma l’impatto del riscaldamento globale imporrà anche un rinnovato approccio alla sua gestione: nel segno della sostenibilità e di una consapevolezza più mirata dei mutamenti climatici.
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