Sulla superstizione c’è poco da scherzare. E l’Italia è grande produttrice di scongiuri di ogni genere: corna, toccamenti, amuleti. Oggetti e gesti scaramantici si sprecano contro la malasorte. Sdoganati da menti anche illustri. Al filosofo Benedetto Croce si attribuisce la famosa battuta: “Non è vera, ma prendo le mie precauzioni”. Oppure quella di Eduardo de Filippo: “Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male”. Tuttavia si pensava che il regno della superstizione fosse relegato al Sud, simboleggiato per esempio da Via San Gregorio Armeno, nel cuore di Napoli, dove, in un vociante mix di sacro e di profano, la tradizione popolare colloca la casa natale di San Gennaro, ma lungo la quale potete acquistare ogni sorta di amuleto portafortuna, persino dei “corni collaudati” (mi son sempre chiesto, collaudati da chi?).
E invece no, qui il Sud non ci azzecca per niente. Qui il protagonista è uno dei massimi esponenti della “fierezza lombarda”, dei riti celtici, del “celodurismo”, dei minacciosi caschi vichinghi, della raccolta dell’acqua vigorosa e benefica alla fonte del Po. Qui il personaggio convintissimo di essere travolto da lontani fattucchieri è Roberto Calderoli, co-fondatore della Lega Nord, e attualmente vice-presidente del Senato, mica uno qualsiasi.
Sicuro, il compagno di strada di Umberto Bossi, di essere vittima di una “macuba”, un potente malocchio, inflittogli dal lontano Congo dal padre di Cécile Kyenge, origini africane, già ministro dell’integrazione nel governo Letta, bersaglio prediletto della Lega, e che il senatore leghista insultò affermando allegramente che la signora gli ricordava “un orango”. Sicuro che l’invettiva razzista gli avrebbe portato voti. Ma inconsapevole della vendetta in arrivo dall’Africa. Appunto sotto forma di “macuba”.
Racconta Calderoli: “Sei volte in sala operatoria, due in rianimazione, una in terapia intensiva, la morte di mia madre, e, nell’ultimo incidente, due vertebre e due dita rotte”. Ma sembra che il colmo sia stato il ritrovamento in casa di un serpente di due metri, un biacco non velenoso, che il senatùr ha spiaccicato a randellate (col rischio di farsi appioppare una terribile maledizione anche da parte degli animalisti locali). A questo punto il senatore ha chiesto pubblicamente a papà Kyenge, di ritirare la “macuba” che gli sta rovinando l’esistenza. Una resa senza condizioni per l’uomo che, da ministro, aveva sfidato l’islam esibendo in diretta tv la canotta anti Islam che aveva scatenato una mezza rivolta in Libia (fu costretto alle dimissioni da Berlusconi). Al che, dal Congo, è arrivata l’ironica replica: “Se ha chiesto scusa a Cécile con sincerità può stare sereno, se era invece il frutto di calcolo e convenienza gli antenati potrebbero essersi innervositi”.
Non sembra che la precisazione abbia tranquillizzato più di tanto l’autorevole ma spaventato leader leghista. Per di più, gli spiriti africani infierivano proprio nei giorni in cui era fortemente impegnato con le turbolenze della riforma del Senato. Una riforma di cui Roberto Calderoli è co-relatore. Ma che lui stesso, nel caldo abbraccio di un recente meeting della Lega Nord, ha poi definito “una mer… corretta con un’altra mer…”.Lo stesso Calderoli che, con altrettanto sprezzo del pericolo e del ridicolo, aveva definito “porcata” la legge elettorale che porta proprio la sua firma. E per questo nota come “porcellum”. E se fosse più seria la “macumba” di papà Kyenge?
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