Terremoto ai vertici delle Ferrovie: ma attenti alla luce in fondo al tunnel
di Aldo Sofia
Tiziano Terzani, scopritore in tarda età dei benefici del viaggiare lentamente, scriveva che “non c’è un altro luogo migliore di una stazione ferroviaria che rifletta lo stato d’animo e i problemi di un paese”. Dobbiamo dunque dedurne che il popolarissimo giornalista-narratore, ebbe modo di capire quanto il suo paese, l’Italia, potesse essere cupo nel rapporto dei passeggeri con i disservizi, i ritardi, la pervicace vetustà delle sue ferrovie. Tutti ne abbiamo fatto l’esperienza. Se poi si tien conto di certi scandali (è recente l’arresto per tangenti del presidente di Rete Ferroviarie, Dario lo Bosco) la cupezza può anche diventare incavolatura.
E adesso? Adesso ecco l’annuncio delle dimissioni dell’intero consiglio di amministrazione delle FS. Dietro cui vi sono lunghi coltelli e un “progetto ferroviario” del governo Renzi che sicuramente sarà fonte di accese polemiche. Due facce della stessa medaglia.
La prima sta nell’aspro duello che opponeva i due tenori del vertice: Marcello Messori, presidente di scuola liberale, e Michele Elia, amministratore delegato, un tecnico del settore, successore e sodale di Mauro Moretti, ex zar di FS, ben noto agli svizzeri come duro negoziatore non molto amico di Alptransit (“l’avete voluta voi e ora ci venite anche a dire come dobbiamo organizzarci in Italia”, mi disse durante una nervosa intervista). La seconda faccia della medaglia è quello della privatizzazione: decisamente favorevole il liberista Messori (che aveva già elaborato un piano per la vendita delle parti più redditizie dell’azienda), e decisamente più cauto se non proprio contrario Elia, cresciuto nella logica del servizio pubblico. Un braccio di ferro in cui entrambi potrebbero uscir perdenti.
Renzi ha infatti tagliato il nodo gordiano. Li ha praticamente costretti alle dimissioni. E lo ha fatto dopo aver annunciato la decisione di privatizzare il 40 per cento dei servizi ferroviari, lasciando dunque proprietà e controllo allo Stato. Domanda fondamentale: ma quali servizi di FS verranno messi sul mercato?
L’interrogativo è tutt’altro che ozioso. Si tratta infatti di conciliare gli “appetiti” dei privati – interessati agli “asset” più succosi, per esempio il settore dell’Alta velocità su cui l’Italia ha investito moltissimo, seppur con ritardo -, e la necessità di mantenere le risorse per sistemare le parti “deboli” del servizio – le infrastrutture del traffico regionale e dei pendolari, colpevolmente e a lungo trascurate. Ci vuole più tempo ad attraversare la Sicilia che a raggiungere l’altra parte del mondo, scrisse Sergio Rizzo, sintetizzando perfettamente le condizioni di tante “linee dimenticate”, soprattutto al Sud.
E allora, in attesa che il governo formalizzi la preannunciata rivoluzione, sia consentita un’ultima citazione: “C’è sempre una luce in fondo al tunnel. Ma speriamo che non sia un treno”.
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