Un accordo fiscale che non interessa (quasi a nessuno)
L'incontro romano tra il presidente della Confederazione e il presidente del Consiglio italiano è passato completamente inosservato
Leggi la nostra guida: Quello che c’è da sapere sull’accordo fiscale tra Italia e Svizzera
L’accordo fiscale tra Italia e Svizzera interessa ben poco agli italiani. Almeno così sembrerebbe se oggi sfogliamo i maggiori quotidiani italiani. Dell’incontro di martedì tra il presidente della Confederazione Didier Burkhalter e il presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi non si trova quasi traccia. Il quotidiano romano La Repubblica, tanto per fare un esempio, preferisce una grande foto in terza pagina che ritrae Renzi con le recenti medagliate italiane ai mondiali di scherma… Unica eccezione “Il Sole 24 ore”. Sul sito della Farnesina poi nessun accenno: tra i comunicati stampa spicca un evento per celebrare il Futurismo a New York ma sull’incontro tra Didier Burkhalter e la ministra degli esteri Federica Mogherini nessun accenno.
Nessuno ne parla
Anche i giornali svizzeri, fatta eccezione di quelli ticinesi, non danno rilievo all’incontro italo-svizzero. Un motivo ci sarà. Forse perché le trattative per un accordo fiscale tra i due paese, se mai ci sarà, sono in altissimo mare. Troppe poi le divergenze tra i due paesi. Senza sottovalutare il fatto che dal primo luglio l’Italia è alla presidenza dell’UE e tutti sappiamo che a Bruxelles non piace che uno dei suoi paesi membri scelga la via bilaterale per risolvere questioni fiscali con la Confederazione. Va poi aggiunto che la Svizzera ha firmato il protocollo Ocse per lo scambio automatico di informazioni bancarie che dovrebbe entrare in vigore dal 2017. Gli italiani a questo punto potrebbe anche aspettare…
Nero in giacenza
Eppure all’Italia gioverebbe far emergere il nero nascosto in Svizzera. Stime ufficiose parlano di 120-180 miliardi di euro. Non fosse altro che per finanziare i famosi 80 euro al mese infilati nelle buste paghe degli italiani. È anche vero però che con la “Voluntary Disclosure” (decreto di legge italiano sul rimpatrio dei capitali detenuti all’estero) gli italiani che detengono attività finanziarie o patrimoniali all’estero non dichiarate al Fisco, potrebbero sanare la loro posizione, anche penale, pagando le relative imposte e le sanzioni in misura ridotta. Dovesse funzionare, ma il decreto è stato rimandato a settembre, quale interesse spingerebbe l’Italia a siglare un accordo con la Svizzera?
L’interesse ticinese
La Confederazione in questo possibile accordo fiscale, in primis, sulla spinta del Canton Ticino, vorrebbe rinegoziare il trattamento fiscale dei lavoratori italiani transfrontalieri. Se accordo ci sarà, con tutta probabilità il famoso ristorno delle imposte alla fonte pagate dai frontalieri dovrebbe essere inferiore all’attuale 40%. I comuni di frontiera italiani lo hanno più volte ribadito: non se ne parla neppure di ridurre i ristorni. Anche questo punto – spinoso per una realtà locale come quella transfrontaliera – potrebbe spingere l’Italia a preferire lo status quo.
Il risultato dell’incontro di martedì a Roma
Così l’incontro tra Renzi e Burkhalter sembra non aver accelerato le trattative fiscali italo-svizzere. Per Burkhalter l’accordo è però possibile (ha parlato in modo franco e diretto con Renzi). Per Renzi non si sa. Sono ben altre attualmente le preoccupazioni del Presidente del Consiglio. L’orizzonte temporale, per giungere a un accordo, di inizio 2015 fissato dalla Consigliera federale Eveline Widmer Schlumpf – per tenere a freno i ticinesi – sembra inverosimile. Meno inverosimile per contro che Bellinzona insista affinché la Confederazione denunci l’accordo sui ristorni e che questi ultimi vengano ancora una volta bloccati dal governo ticinese.
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