Dentro la “vergogna di volare”
La rinnovata sensibilità in ambito ecologico ha creato il fenomeno della cosiddetta "flight shame", le critiche (o le auto-critiche) nei confronti di chi decide di prendere l'aereo, considerato il modo di viaggiare più inquinante. Ma è sempre il caso? La realtà è più complessa. L'approfondimento della Radiotelevisione svizzera.
Prendere l’aereo e partire. Un’azione che fino a qualche tempo fa, non provocava quasi alcun turbamento, se non per chi aveva la fobia del volo. Ma da quando il movimento ecologista si è prepotentemente imposto, proprio l’aereo è diventato bersaglio di critiche, perché inquina troppo. Secondo l’ATAGCollegamento esterno, Associazione di categoria attiva nella promozione dello sviluppo sostenibile, il trasporto aereo è responsabile del 2% delle emissioni di CO2 prodotte a livello planetario.
C’è dunque chi decide di non salire più su un aereo, sposando la filosofia che dalla Svezia sta dilagando un po’ ovunque, ossia la Flight Shame, la vergogna di volare. Una filosofia che per ora ha provocato conseguenze visibili soprattutto sulle rotte di corto raggio: i principali scali svedesi hanno registrato l’anno scorso un calo dell’8% dei passeggeri sui voli domestici. Ma il discorso è più complesso. Non sempre si può scegliere di non volare.
Gli attori del trasporto aereo stanno per questo lavorando a 360° per trovare soluzioni su: propulsione, materiali, traiettorie e carburanti.
C’è chi promette una conversione totale all’elettrico, e chi allarga il tema anche alle strutture aeroportuali. Sì, perché anche gli aeroporti inquinano e non poco. Uno scalo di dimensioni come quello di Malpensa è paragonabile, a livello di consumi, a una città di 100’000 abitanti.
Ogni anno vengono censiti 30 milioni di voli nei nostri cieli. Anche piccoli accorgimenti tecnici, su un volume del genere, possono diminuire significativamente le emissioni di CO2 nell’atmosfera. Sul fronte politico in diversi paesi, Svizzera compresaCollegamento esterno, sono in discussione possibili tasse aggiuntive sui biglietti. Inoltre, le maggiori compagnie aeree propongono ormai programmi volontari attraverso cui i passeggeri possono compensare le proprie emissioni fino ad azzerarle. Per ora solo il 3-4% di chi vola lo fa. Alcune compagnie hanno per questo scelto di assumersi questo onere.
Se si decide di compensare gli esperti sostengono che sia meglio preferire progetti che diminuiscano stabilmente il rilascio di emissioni nocive nell’ambiente: meglio un impianto fotovoltaico che un albero piantato.
Gli adepti di Greta ormai sono scesi in campo e sono pronti a combattere. Non vogliono soluzioni palliative, ma il cambiamento, e riconoscono di essere loro stessi motore di questo cambiamento.
L’essenziale in breve
A livello mondiale, i voli hanno prodotto 915 milioni di tonnellate di CO2 nel 2019, a fronte degli oltre 42 miliardi complessivamente prodotti dagli esseri umani. L’industria aerea produce circa il 2% delle emissioni di CO2 nel mondo. Nel 2019, sono stati registrati 4,5 miliardi di passeggeri.
Obiettivo: entro il 2050 dimezzare le emissioni rispetto al 2005. Per ora, sono cinque gli scali a livello mondiale a mettere a disposizione biocarburanti, tra cui Zurigo.
Fonte: atag.org/aeroporto Zurigo-Kloten
Link all’articolo originale su RSI NewsCollegamento esterno
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