Sei i candidati ammessi in Iran, quasi tutti falchi
(Keystone-ATS) Sei candidati, tutti conservatori o ultraconservatori e un solo riformatore, si disputeranno il prossimo 28 giugno la presidenza dell’Iran. Una rosa, selezionata fra 80 aspiranti dall’inappellabile Consiglio dei Guardiani della Costituzione.
Da essa uscirà un vincitore con cui Teheran spera di chiudere in fretta la ferita istituzionale della morte del presidente Ebrahim Raisi, lo scorso 19 maggio, in un incidente di elicottero nel quale perse la vita anche il ministro degli Esteri, Hossein Amir Abodollahian.
I nomi dei candidati finalisti è stato reso noto dal ministero dell’Interno. Si tratta di Mohammad-Bagher Qalibaf, 63 anni, presidente conservatore del Parlamento, ex alto ufficiale dei Pasdaran ed ex sindaco di Teheran; Alireza Zakani, 59, attuale sindaco di Teheran e consigliere del defunto Raisi, deputato da due legislatore nonché ex paramilitare nei Basiji.
Sei conservatori e un riformista
Altro candidato ultra conservatore Said Jalili, 59 anni, membro del Consiglio supremo per la Sicurezza nazionale iraniano (Snsc), e negoziatore capo fra il 2007 e il 2013 sul dossier nucleare nelle trattative internazionali che nel 2015 portarono all’accordo; e ancora Amir Hossein Ghazizadeh Hashemi, 53 anni, capo ultraconservatore della potente Fondazione dei Martiri e deputato da quattro legislature; o Mustafa Purmohamadi, 65 anni, conservatore ex ministro dell’Interno e ministro per l’Intelligence, era stato anche magistrato dell’accusa in diverse province.
L’unico del campo riformatore è Masoud Pezeshkian, 70 anni, deputato e sindaco della città di Tabriz, che aveva minacciato il boicottaggio del voto nel caso fosse stato escluso, come lo fu nelle presidenziali del 2021.
Escluso il “diffidato” Ahmadinejad
Fra quelli scartati dal Consiglio dei Guardiani della Costituzione – che non è tenuto per legge a giustificare le proprie decisioni ed è ovviamente vicino all’anziana Guida suprema Ali Khamenei – c’è nuovamente l’ex presidente conservatore Mahmud Ahmadinejad, già escluso dalle presidenziali del 2017 e 2021, oltre all’ex presidente del Parlamento Ali Larijani, considerato un moderato.
Ahmadinejad, laico ultraconservatore, oltranzista e negazionista della Shoah, che vinse due mandati successivi e suscitò ondate di proteste sedate con il sangue e con la forca dopo la controversa rielezione del 2009, fu diffidato da Khamenei dal presentarsi come candidato nel 2017 perché troppo divisivo. Lui sfidò la Guida suprema affermando che era stato solo un “consiglio” e fu scartato tanto nel 2017 quanto nel 2021. Fuori dalla rosa anche l’ex speaker moderato del Parlamento Ali Larijani, e Vahid Haghanian, un ex comandante dei Guardiani della Rivoluzione.
Tre anni fa Ebrahim Raisi ebbe la meglio e fu eletto al primo turno anche per l’esclusione di tutti i candidati riformisti e moderati da una lista di 592 aspiranti, ridotta dal Consiglio a soli sette candidati finali. In quell’occasione votò solo il 49% degli iraniani, il tasso di affluenza più basso dalla rivoluzione islamica del 1979.