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Spagna: schianto ferroviario del 2013, due condanne a 30 mesi

Keystone-SDA

(Keystone-ATS) Prima sentenza in Spagna sulla “tragedia del treno Alvia” del luglio 2013, incidente ferroviario avvenuto alle porte Santiago di Compostela in cui persero la vita 80 persone.

Un primo grado di giudizio che si chiude con la condanna a due anni e mezzo di reclusione per entrambi gli imputati nella causa, ovvero il macchinista del convoglio e un ex responsabile della sicurezza per quel tratto ferroviario, dipendente del gruppo Adif.

Ai due, secondo quanto rende noto il tribunale responsabile del caso, vengono attribuiti 79 reati di omicidio colposo e 143 di “lesioni per imprudenza grave”.

Il terribile incidente ferroviario avvenne la sera del 24 luglio 2013, quando un treno del servizio Alvia imboccò a 176 chilometri all’ora una curva in cui il limite massimo di velocità era di 80 km/h, alle porte di Santiago. A bordo c’erano oltre 200 passeggeri.

Secondo quanto ricostruito in fase istruttoria, durata circa otto anni, tra i fattori che contribuirono allo schianto ci fu una chiamata telefonica di circa 100 secondi che vide impegnato poco prima il macchinista, Francisco Garzón Amo, con un controllore: una volta riagganciato, il conducente del treno si disorientò e non si accorse dei segnali che avvertivano della necessità di rallentare. Allo stesso tempo, gli inquirenti hanno rilevato l’assenza di sistemi di sicurezza sufficienti per evitare una tragedia di tali proporzioni, motivo che giustifica la condanna anche a carico di Andrés Cortabitarte, ex direttore della sicurezza nella circolazione di Adif (gruppo gestore delle infrastrutture ferroviarie spagnole).

La sentenza, raccolta in un documento di 530 pagine, arriva dopo un dibattimento di primo grado durato circa 10 mesi, tra 2022 e 2023. Nel corso del processo, sono state sentite decine di testimoni, così come i due imputati. “Chiedo alle vittime di perdonarmi; fu un incidente, non riuscii a evitarlo”, disse Garzón Amo, tra le lacrime, nella sua dichiarazione. Una nota del tribunale precisa che i reati di omicidio colposo calcolati sono 79 e non 80, come chiedeva l’accusa, perché una delle persone considerate vittime dell’incidente morì “73 giorni dopo”, non per le ferite subite, ma per una malattia di cui soffriva.

Il caso è stato circondato dalle polemiche, con rappresentanti delle vittime che hanno a lungo accusato lo Stato di voler addossare tutte le colpe dell’incidente al macchinista e deresponsabilizzare i vertici ferroviari. Ora, riporta Efe, gli stessi ringraziano la giudice che ha firmato la sentenza (che dispone anche risarcimenti da oltre 25 milioni di euro), dimostratasi “coraggiosa e indipendente”. A fine dibattimento, il pubblico ministero aveva ritirato le accuse contro Cortabitarte (non così le altre parti accusatrici).

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