Candidato per un seggio in Governo svizzero cercasi
Il Centro ha avuto non poche difficoltà a trovare persone disposte a candidarsi per la successione della dimissionaria Viola Amherd in Consiglio federale. Il ruolo è diventato poco attraente?
“Per completare la squadra, il Centro cerca disperatamente un/a consigliere/a federale”. Con questo annuncio di lavoro satirico, il giornale Schweiz am Wochenende ha cercato di dare una mano al partito nella sua ricerca di candidati per la successione di Viola Amherd.
Dopo che diverse personalità di spicco hanno gettato la spugna, la direzione della formazione centrista ha potuto finalmente tirare un sospiro di sollievo. Due candidati si sono lanciati nella corsa.
A disputarsi il 12 marzo prossimo all’Assemblea federale (le due Camere del Parlamento riunite) il seggio lasciato libero dalla loro collega di partito saranno il consigliere di Stato di Zugo Martin Pfister e il consigliere nazionale di San Gallo Markus Ritter. Nessuno dei due è considerato un peso massimo del partito. Ritter, classe 1967, non ha mai avuto un’esperienza in un esecutivo, ma fa parte dal 2011 del Consiglio nazionale ed è presidente dell’Unione svizzera dei contadini. Pfister, nato nel 1963, siede invece nel Governo cantonale di Zugo dal 2016 ma non ha mai ricoperto cariche a livello nazionale.
>> Il servizio del TG sui due candidati alla successione di Viola Amherd:
Un lavoro che “stravolge la vita”
Dopo l’annuncio delle dimissioni di Viola Amherd, molte persone considerate papabili per il ruolo hanno preferito rinunciare, invocando spesso il gravoso impegno che rappresenta l’attività di consigliere federale. “Le mie attività attuali mi offrono la flessibilità necessaria per dedicare tempo alla famiglia e agli amici. Apprezzo molto questa libertà, perché mi dà la forza e la motivazione per affrontare la mia vita quotidiana, emozionante, varia e intensa. Una candidatura per il Governo federale richiede piena convinzione e dedizione”, ha ad esempio dichiarato il consigliere nazionale grigionese Martin Candinas.
“Ogni candidato deve chiedersi se vuole stravolgere completamente la propria vita”, gli ha fatto eco una settimana fa il capogruppo del partito Philipp Bregy, che ha pure rinunciato a candidarsi.
Far parte del Consiglio federale richiede un impegno 24 ore su 24 e la pressione è enorme. Lo aveva sottolineato anche Simonetta Sommaruga al momento delle sue dimissioni alla fine del 2022: “Ho vissuto questa intensità, questa presenza temporale e interiore permanente. E questo perché, dal mio punto di vista, è ciò che la carica richiede”.
>> Consigliere federale, un lavoro troppo impegnativo? Il servizio di SRF:
Un numero di ministri immutato dal 1848
Il lavoro di consigliere federale è diventato troppo pesante? Dalla creazione della Svizzera moderna nel 1848, il numero di ministri è sempre rimasto lo stesso, ovvero sette.
A titolo di paragone, nella vicina Austria, sono attualmente quasi il doppio (13). In Francia il Governo Bayrou è formato da 36 ministri e ministre. In Italia, invece, la presidente del Consiglio può contare su 24 ministri, 8 viceministri e 31 sottosegretari.
In Svizzera, il Dipartimento federale dell’economia è competente in ambiti che, ad esempio in Italia, sono spalmati su non meno di quattro ministeri diversi. Si occupa non solo di economia in senso stretto, ma anche di ricerca, di formazione, di agricoltura o ancora di abitazioni.
Cambiamenti necessari
Per molti osservatori è arrivato il momento di procedere a delle riforme. “Ci sono innanzitutto le riforme più ampie, come l’aumento del numero dei membri del Consiglio federale a nove o undici”, ha spiegato alla Radiotelevisione svizzera di lingua tedesca SRF Adrian Vatter, dell’Università di Berna.
“Ci sono anche possibilità di riforme più piccole, come la creazione di un dipartimento presidenziale”, ha aggiunto il professore, che osserva e analizza il Consiglio federale da anni.
Vatter ha parlato con numerosi ex consiglieri e consigliere federali riguardo a possibili riforme. “Curiosamente, non sono favorevoli all’aumento del numero dei membri del Consiglio federale, ma piuttosto a un rafforzamento della presidenza, con la creazione di un dipartimento presidenziale che assuma maggiori funzioni di direzione e coordinamento del Governo”.
“Si potrebbe immaginare un sistema simile a quello di alcuni Cantoni, con un presidente del Governo o, nelle grandi città, con una presidenza cittadina, ha spiegato Vatter. Il capo di questo nuovo dipartimento assumerebbe la direzione, ad esempio per due anni.
Le grandi riforme finora sono state bocciate
Che siano grandi o piccole, la maggior parte delle riforme finora è fallita. Ad esempio, nel 2022, per la seconda volta nello spazio di sei anni, il Parlamento aveva respinto l’idea di portare a nove il numero di consiglieri federali. Il delicato equilibrio di un Governo collegiale come quello svizzero rischierebbe, con un Esecutivo a nove membri, di uscirne indebolito. Anche l’idea di dotare il o la presidente della Confederazione di poteri maggiori era stata scartata, poiché non in linea con la tradizione di un Paese che ama quando il potere è diffuso e non concentrato in poche mani.
Sono riuscite solo delle mini-riforme, come l’introduzione di segretariati di Stato o di collaboratori personali. Entrambe le misure dovrebbero alleggerire il carico di lavoro dei membri del Consiglio federale. Anche il rafforzamento della cancelleria federale rientra tra queste riforme minori.
Il sistema svizzero è orientato alla stabilità, quindi i grandi cambiamenti incontrano difficoltà. “Abbiamo beneficiato di questa stabilità politica negli ultimi quasi 180 anni”, ha spiegato Vatter. Questo ci ha portato prosperità e le cittadine e i cittadini non vogliono esperimenti, ha sottolineato il professore. Tuttavia, senza riforme, il lavoro nel Consiglio federale diventa sempre meno attraente per un gruppo di politici: per le persone di mezza età con figli.
Un dipartimento che forse non fa gola
Questo aspetto non è però l’unica chiave di lettura per spiegare la carenza di candidati e candidate alla successione di Viola Amherd.
La persona che prenderà il suo posto dovrà molto verosimilmente riprendere le redini del dipartimento da lei diretto, ovvero quello della difesa, della protezione della popolazione e dello sport.
Il compito si annuncia tutt’altro che facile: da tempo l’esercito è al centro di diverse critiche. Ad esempio, appena dieci giorni fa il Controllo federale delle finanze ha espresso un giudizio molto severo per quanto riguarda la gestione del progetto di acquisto di sei droni di fabbricazione israeliana.
In questo dipartimento “ci sono molti problemi e la persona che arriverà, dovrà lavorare enormemente nei prossimi tre o quattro anni per riuscire a superare le sfide”, ha analizzatoCollegamento esterno il politologo Claude Longchamp.
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