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I droni dell’esercito svizzero che non possono volare (e non sopportano il freddo)

Drone
Uno dei droni acquistati dall'esercito svizzero in un hangar dell'aeroporto militare di Emmen. KEYSTONE/Georgios Kefalas

L’acquisto di sei droni da ricognizione di produzione israeliana sta mettendo nell’imbarazzo le forze armate elvetiche, criticate dal Controllo federale delle finanze.

“Una combinazione di obiettivi troppo ambiziosi, una pianificazione e una gestione lacunose, una gestione dei rischi e della qualità insufficiente e una sottovalutazione della complessità”: il Controllo federale delle finanze (CDF) non usa mezzi termini nella sua valutazione della gestione del progetto di acquisto di sei droni da ricognizione Hermes 900 della società israeliana Elbit Systems da parte di armasuisse, l’Ufficio federale dell’armamento.

Chiamato a verificare l’idoneità dei droni e della procedura d’acquisizione, l’organo di vigilanza finanziaria della Confederazione chiede nelle conclusioni della sua periziaCollegamento esterno di “chiarire con urgenza le prossime fasi del progetto” ADS 15Collegamento esterno.

L’acquisto di questi sei apparecchi da ricognizione era stato deciso nell’ambito del Programma d’armamento 2015. La Confederazione aveva stanziato un credito di 298 milioni per dotare l’esercito di questi apparecchi senza pilota, di un’apertura alare di 17 metri, con un’autonomia di 30 ore e capaci di volare all’altezza di un aereo di linea, indipendentemente – almeno in teoria – dalle condizioni meteorologiche.

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Operativi non prima del 2019

Il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS) auspicava di concludere il progetto nel 2019. I droni, di cui cinque già consegnati, dovevano quindi essere operativi già sei anni fa.

Adattare questi apparecchi alle condizioni svizzere si è però rivelato più difficile del previsto. I ritardi si sono accumulati e i velivoli senza pilota non “soddisferanno tutti i requisiti militari” prima del 2029, indica il CDF.

Il credito stanziato rischia però di non bastare. Al momento della verifica, nel maggio 2024, erano stati impegnati 288 dei 298 milioni di franchi, “il che lascia un margine finanziario molto ridotto per la continuazione del progetto, nonostante le notevoli sfide”, sottolinea il CDF, chiedendo che siano analizzate in modo approfondito tutte le opzioni possibili.

Armasuisse prende atto

Nella sua presa di posizione, armasuisse riconosce la necessità di agire. Secondo l’Ufficio federale degli armamenti, i ritardi sono dovuti principalmente ai fornitori, la svizzera RUAG e l’israeliana Elbit, alla pandemia di coronavirus e all’attuale conflitto in Medio Oriente.

Tuttavia “non approva le valutazioni del CDF in settori chiave come la metodologia del progetto, la sua gestione nonché la gestione della qualità e, in parte, la gestione dei rischi”.

La compensazione finanziaria fornita da Elbit è stata inclusa in un annesso al contratto di acquisto. Alla fine, il tetto di spesa per il progetto non sarà superato, ha assicurato armasuisse.

Armasuisse ha anche un contratto con RUAG per la fornitura di un sistema innovativo che consente a un drone di riconoscere ed evitare un altro velivolo (“Detect and Avoid System”, DAA). Questo sistema dovrebbe consentire ai ricognitori di volare senza scorta giorno e notte in tutti gli spazi aerei, cosa che non è ancora possibile attualmente. Si tratterebbe di una novità mondiale nel settore. Ma tutte le fasi di sviluppo e certificazione non dovrebbero essere completate come detto prima del 2029.

La manutenzione costa

Il CDF ha inoltre deplorato il fatto che armasuisse abbia consegnato due droni alle Forze aeree svizzere già nel gennaio 2023. “Questa procedura contraddice i consueti processi e ha generato costi aggiuntivi”, critica il CDF. Poiché i collaudatori hanno individuato gravi problemi di qualità circa dieci mesi dopo la consegna dei sistemi, le Forze aeree hanno deciso di non far volare più i due droni. Tuttavia, anche se i velivoli senza pilota sono a terra, bisogna provvedere alla loro manutenzione.

Per armasuisse e le forze armate, invece, l’obiettivo principale era quello di acquisire esperienza con il nuovo sistema. I gravi difetti di qualità non sarebbero altrimenti stati rilevati durante questa fase operativa, sostiene.

drone in volo
La temperatura sta creando grattacapi ai droni di fabbricazione israeliana. Keystone / Philipp Schmidli

Il sistema di sbrinamento non funziona

Tra le lacune emerse, la Radiotelevisione svizzera di lingua francese RTS ha scoperto ad esempio che i droni israeliani non sopportano il freddoCollegamento esterno.

Il problema era già emerso nel 2020. Un rapporto del DDPS esprimeva delle preoccupazioni riguardo all’omologazione del sistema di sbrinamento. Da allora, però, è lo status quo, scrive la RTS. L’omologazione è stata affidata al fornitore, Elbit Systems, ma nessuna delle quattro fasi previste nella procedura di autorizzazione è stata fino ad oggi superata.

Alla domanda su quando la procedura di omologazione potrà essere portata a termine, Armasuisse si è limitata a dire che si tratta di “un processo complesso, che si estende su un lungo periodo”.

L’azienda israeliana che produce gli Hermes 900 “sta riscontrando difficoltà nell’implementazione tecnica del sistema di sbrinamento”. La Elbit Systems, che non ha risposto alle domande della RTS, precisa però sul suo sito che l’apparecchio è dotato di un sistema di sbrinamento completamente operativo.

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