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Il periodo d’oro dei bordelli in Ticino, tra prostituzione e omicidi

Una prostituta
In Svizzera la prostituzione rientra fra le libere professioni autonome: chi la svolge deve dichiarare la propria attività al fisco, pagare le imposte sui servizi offerti e rispettare i requisiti normativi generali e specifici. KEYSTONE/Ennio Leanza

Tra il 1991 e il 2012 il Ticino è stato il bordello della Lombardia. Con l’operazione Domino, condotta dall'allora procuratore pubblico John Noseda, è stata messa la parola fine alla proliferazione di locali, case e appartamenti dove veniva esercitata la prostituzione. E in quegli stessi anni sono stati numerosi gli omicidi a luci rosse.

Un braccio che penzola dal letto, una gamba che fuoriesce e una coperta intrisa di sangue. Sotto, il corpo di una prostituta brasiliana sgozzata con un bicchiere. È il 16 aprile del 2000. Mentre tutta l’attenzione in Ticino è rivolta verso le elezioni cantonali che si tengono in quel weekend, in un albergo a Lugano la scoperta del cadavere diventa subito notizia da prima pagina.

Del resto, il Gabbiano non è uno stabile qualunque: da alcuni anni è diventato uno dei postriboli più importanti e discussi del quartiere di Loreto. Se a questo poi si aggiunge il fatto che l’edificio è di proprietà di Giuliano Bignasca, eletto municipale a Lugano proprio in quel momento, il cortocircuito nell’opinione pubblica si attiva immediatamente.

E quella stanza del Gabbiano al terzo piano, dove si è consumato il delitto, diventa subito meta di attenzioni spasmodiche. A chiamare la polizia, che arriva con una colonna di undici auto, è il gestore del locale, Ulisse Albertalli, strappato a sua volta dalla festa indetta per la vittoria della Lega dei Ticinesi nella contesa elettorale.

Da lì in poi scattano interrogatori e vengono sequestrate le immagini delle telecamere di sorveglianza per cercare di identificare il cliente colpevole, ma anche per garantire la privacy di tutti gli altri. E infine, la mossa drastica: il locale viene sigillato, come invocato da tutto il quartiere in rivolta, ormai da tempo esasperato per il frastuono della vita notturna e il viavai continuo delle auto fino all’alba. Non a caso, a testimonianza della situazione d’assedio che si respira lì e del livello esacerbato degli animi, il giorno dopo davanti all’albergo la situazione non si placa.

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Le rappresentanti del comitato anti-degrado del quartiere vogliono deporre una corona di fiori per la donna uccisa, Marcia Caron, 35 anni, madre di una bambina di 3 anni e al lavoro in quel locale da soli trenta giorni. Ma quella stessa corona viene cestinata con forza dal gestore del locale che rilancia una controaccusa alle donne del corteo presenti: “La vostra è solo ipocrisia, solo quando ci scappa il morto vi ricordate di loro”.

Del resto, quella era una tensione che aveva radici ormai profonde, visto che da quasi un decennio Loreto, quell’angolo di Lugano, era diventato uno dei vertici del triangolo a luci rosse più importante del Ticino. Un triangolo alle porte della città, nella parte sud, visto che si estende da Loreto a Paradiso fino ad arrivare a Pazzallo, là dove due edifici in cui abitano e lavorano altre entraîneuse fanno da biglietto di visita per chi arriva da fuori in città.

Tutto diventa veloce e low cost

E se storicamente era Paradiso con il suo lungolago sede storica dei night luganesi e quindi con una popolazione abituata a vivacità da notturna, lo stesso non si può dire di Loreto, visto che, a sorpresa, qualcosa di nuovo parte proprio da lì. È il 1991 e all’interno di un palazzo appena costruito viene inaugurato un bar, il Tortuga, destinato a cambiare per sempre la storia della prostituzione cantonale. Il motivo? Ai piani di sopra vivono donne che lavorano nei night ma che presto, frequentando il bar al pianterreno, iniziano ad adescare clienti per via diretta. E di colpo, i prezzi si abbassano, perché al Tortuga non c’è l’obbligo che costringeva i clienti a spendere centinaia di franchi in bottiglie di champagne prima di potersi appartare con le prostitute.

Qui, diventa tutto veloce e low cost. Basta una birra o una coca cola. E il successo diventa immediato, attirando in breve tempo frotte di clienti che si mettono in fila, tanto che nei weekend diventa impossibile trovare un posteggio nella zona. Il resto poi lo fa il passaparola che si spinge oltreconfine e che comincia a calamitare un pubblico di massa dalla Lombardia.

La pulizia di facciata, l’usura e lo sfruttamento nell’ombra

È il momento del boom, con tutto quello che si ripercuote in fatto di ordine pubblico, l’unico “disagio” su cui può intervenire direttamente la polizia quando ci si trova in situazioni di eccesso di schiamazzi o risse. Ma per il resto, si può fare bene poco. In primo luogo, perché la prostituzione è legale in Svizzera. E in seconda battuta, perché il modello Tortuga consente di guadagnare molto senza sporcarsi le mani. Le stanze, infatti, vengono affittate alle lavoratrici così che i proprietari dell’immobile o gestori non hanno rapporti diretti con i soldi incassati grazie alla prostituzione. Un escamotage per mantenere pulita la facciata, anche se in realtà nell’ombra si consumano reati come usura e sfruttamento a causa dei prezzi alti degli affitti.

Fatto sta che l’aumento del giro di soldi crea business sempre più vertiginosi tanto da far schizzare in alto la richiesta di nuove prostitute. Ora non bastano più le ragazze che lavoravano nei night, quelle che venivano definite “artiste” e che poteva stare temporaneamente in Ticino tramite un permesso L valido per tre mesi. Le esigenze del momento impongono di ampliare le modalità di arruolamento, facendo crescere un nuovo fenomeno: quelle delle turiste del sesso, e cioè di donne che arrivano in Svizzera come turiste ma che poi bypassano il divieto di svolgere un’attività lucrativa lavorando in nero all’interno di questi nuovi bordelli.

Del resto, il successo di un’iniziativa come quella del Tortuga che era nata quasi per caso crea una sorta di modello che in tanti in Ticino cercano di imitare per trapiantarlo in altri luoghi del cantone. Decine e decine di gestori di bar e alberghi infatti vedono nel sesso a pagamento un’opportunità di rilancio.

L’omicidio sui monti di Gorduno e quello di Loreto

Uno di questi posti è la discoteca Caribe di Muralto, il locale notturno davanti alla stazione di Locarno dove ogni sera si crea un punto di ritrovo per attirare i clienti. Un luogo che l’8 marzo del 1993 balza improvvisamente alla ribalta della cronaca per un omicidio. E per la prima volta, la vittima è appunto una turista del sesso, Emma Parra, condotta da un paio di clienti sui monti di Gorduno dove viene brutalmente uccisa con un colpo di pistola alla tempia. Il suo corpo viene ritrovato nudo, il labbro rotto e diversi ematomi in faccia. La donna, domenicana, non ancora trentenne al momento del decesso, era arrivata in Ticino un anno prima con un permesso turistico e alloggiava a Casa Maestrini a Muralto. Nonostante il lungo processo che si svolgerà successivamente, il suo resterà ancora oggi un caso irrisolto, perché non si riuscirà mai a risalire con certezza al vero colpevole.

Colpevole che invece si trova subito sette anni dopo, nell’altro grande caso in cui è stata uccisa una prostituta. Quello da cui è partito il nostro racconto, l’omicidio Caron di Lugano del 16 aprile 2000. A costituirsi nella chiesa del Duomo di Como 24 ore dopo l’assassinio, è Carmelo Noto, un muratore che confessa di essere l’autore del crimine, raccontando tutto l’accaduto. Lo strangolamento con il bicchiere ma anche quello che è successo dopo, con il furto dei soldi ai danni della brasiliana e la fuga al Casinò di Campione per giocarseli nella sala giochi.

L’episodio colpisce l’opinione pubblica in modo così eclatante da segnare persino le sorti dell’hotel in cui è avvenuto l’omicidio: il famoso hotel Gabbiano, per certi versi, l’edificio gemello dello storico bar Tortuga da cui tutta questa nuova ondata di prostituzione aveva preso il via. Del resto, l’albergo non nasce solo in scia al successo di quel locale “pioniere”, ma sorge anche fisicamente a poche centinaia metri di distanza, sempre a Loreto.

Nel gennaio del 1995, infatti, l’hotel l’albergo che viene inaugurato è un tre stelle senza pretese con 24 camere doppie, una ventina di posti letto in appartamenti e un bar annesso. E all’inizio il tasso di occupazione media si mantiene intorno al 40%, senza infamia e senza lode, in linea con gli afflussi di tanti alberghi ticinesi di quel periodo.

Poi tutto cambia, quando a subentrare nella gestione dell’immobile è Ulisse Albertalli, il vero dei re dei bordelli ticinesi, l’uomo che aveva creato i primi night club nel Grigioni italiano e che aveva impiantato per primo in Ticino sia il business dei telefoni erotici che quello delle slot machine nei bar. Albertalli, senza farsi tanti scrupoli, decide di puntare tutto sulle ragazze. Un cambio d’orizzonte che dà i suoi effetti immediati, perché nel giro di pochi mesi il Gabbiano comincia a registrare il “tutto completo” 365 giorni all’anno, contribuendo non poco alla fama e al grande flusso di clienti nel quartiere di Loreto.

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In Ticino una prostituta su cinque è italiana

Questo contenuto è stato pubblicato al L’anno scorso, indica il rapporto della polizia cantonale, sono state 300 (erano 343 nel 2015) le donne che hanno richiesto il permesso per esercitare la professione, il 20% delle quali provenivano dall’Italia (+3%). Un fenomeno quasi sconosciuto un decennio fa, quando le sudamericane e le escort dell’Est extra-Ue monopolizzavano il mercato. Ma complice la grave…

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Ed è lì che inizia anche quel braccio di ferro con le proteste del quartiere, man mano più vivaci, di fronte alle quali Albertalli continua a rivendicare la legalità della sua attività, tutta alla luce del sole, con tanto di 200mila franchi di tasse versate al fisco già nel primo anno di sua conduzione.

La prima retata in grande stile

Eppure, già solo pochi mesi dopo l’inaugurazione, c’era stata una prima retata in grande stile della polizia, il 6 maggio del 1995, con cinque camionette e la chiusura delle strade adiacenti. Gli agenti chiudono tutte le porte d’entrata del Gabbiano e iniziano a perquisire tutti i locali, chiedendo i documenti ai presenti. Un’operazione che continua fino a notte fonda ma che quasi paradossalmente produce un contro-effetto pubblicitario.

Del resto, il meccanismo è questo: più se ne parla, più l’albergo viene conosciuto e più aumenta il suo volume d’affari, tanto che dopo due anni di proteste, i residenti del quartiere sempre più esacerbati costringono il comune di Lugano a un incontro pubblico.

E il 15 ottobre il Municipio di Lugano in corpore va a incontrare gli abitanti di Loreto, una settantina di persone stufe di abitare in quella che ormai è da tutti considerata una zona a luci rosse. Con il timore che questa situazione generi un contagio continuo e cioè che locali di questo tipo attirino altre attività dello stesso tipo.

Una tensione martellante che trova il culmine proprio nella notte del 16 aprile del 2000, la notte della morte di Marcia Caron, quello che per tanti è solo un delitto annunciato perché di fronte a questo crescendo di soldi e malaffare intorno alla prostituzione qualcosa di brutto prima o poi doveva capitare. Stavolta però non solo le grida di donna indifese, le intimidazioni violente, i litigi o le piccole risse ma un fatto ben più grave: un omicidio destinato ad avere pesanti ricadute. E il perché è presto detto.

Solo pochi giorni dopo quell’assassinio il comune di Lugano riesce a fare quello che non era stato in grado di compiere in tutti gli anni precedenti. E a venire chiuso, non è solo il Gabbiano ma anche il Tortuga. Tantopiù che la coincidenza con le elezioni comunicali non smette attizzare polemiche politiche intorno alla figura di Giuliano Bignasca: lui, il proprietario dell’immobile del Gabbiano, è entrato a far parte del Comune che gli fa mettere i sigilli.

E che il livello del dissenso popolare sia talmente alto lo certifica il fatto che, alla fine, l’Hotel Gabbiano non riaprirà mai più. Quella che doveva essere solamente una chiusura a tempo determinato diventa definitiva. E lo stesso vale anche per il Tortuga.

Ma non solo, perché l’onda che da lì si propaga coinvolge anche altre realtà come Paradiso. Pure nel piccolo comune che confina con il quartiere di Loreto nel giro di poco tempo vengono chiusi due palazzi a luci rosse. Casa Giulia e il palazzo di via Zorzi che viene svuotato con l’introduzione di una norma la cui notizia rimbalzerà in tutto il mondo. Nelle ore notturne, infatti, viene imposto un divieto di transito per non i non residenti nelle strade della discordia. E la motivazione diventa un’importante chiave di volta per contenere il dilagare del fenomeno-prostituzione.

Il fatto che quei palazzi incriminati sorgano in zone residenziali permette di evidenziare quanto sia fondamentale il discrimine della “destinazione d’uso” di un edificio nella pianificazione comunale, con tutti gli impedimenti che nel caso un sindaco può attivare. E a Paradiso questi impedimenti vengono attivati. 

Il bar Oceano.
KEYSTONE/Ti-Press/Pablo Gianinazzi

Oceano e Iceberg: i simboli della prostituzione in Ticino

Così, del famoso triangolo a luci rosse luganesi resta acceso solo il vertice di Pazzallo, con il binomio composto dai due palazzi simbolo della prostituzione: l’Oceano e l’Icerberg che di lì a poco diventano postriboli a livello ufficiale. Perché se nel 2004 il comune di Pazzallo viene assorbito nella grande Lugano, nel 2008 cambiano le norme per mettersi in regola e tra il 2010 e il 2011 sia l’Oceano che l’Icerberg diventano ufficialmente un postribolo.

Ma quello che più conta è che ormai in Ticino la prostituzione può essere fatta solo lontana dai centri densamente popolati, lontano da chi potrebbe protestare. Le rimostranze sempre più decise dei cittadini e le lezioni impartite dai comuni divengono un deterrente quasi invalicabile per aprire o gestire un bordello nelle aree abitate.

Cambia la geografia, ma non l’attività

Ma, come spesso accade in situazioni come questa, non è che la prostituzione venga cancellata, semplicemente si sposta. E in Ticino, in particolare, prende le vie dell’autostrada. Questa volta verso Nord, nel Sopraceneri dove i nuovi locali a luci rosse restano in periferia, ma in aree facilmente accessibili per chi viene da fuori. Insomma, cambia la geografia, ma non l’attività. 

Tanto che per un intero decennio i comuni continueranno a combattere il fenomeno per arginarlo, non per stroncarlo. Ogni volta manca sempre lo strumento che possa mettere definitivamente alla corda quel fenomeno “prostituzione low-cost” che ormai dagli anni Novanta in poi ha creato al Ticino una fama in tutto il mondo.

In realtà, però, il grimaldello principale era già in campo, bisognava solo adottarlo con più vigore e capillarità. Qualcosa che succede bene proprio a Vacallo tra il 2010 e i 2011 quando l’esempio con cui Paradiso aveva chiuso casa Giulia verrà abbracciato in modo estensivo. E cioè, negando la licenza edilizia per quei cambi della destinazione d’uso che avrebbero permesso ai bordelli illegali di diventare postriboli a livello ufficiale. Siccome molti di questi locali erano all’interno di vecchi edifici che necessitavano ristrutturazioni, adesso, non ottenendo più il via libera per mettersi in regola, devono chiudere.

Alcune prostitute protestano davanti al Governo ticinese per lachiusura di un bordello.
Alcune prostitute protestano davanti alla sede del Governo ticinese per la chiusura di un bordello. KEYSTONE/Karl Mathis

La procura passa all’attacco: scatta l’operazione domino

E questo avviene nello stesso periodo in cui il procuratore pubblico John Noseda passa all’attacco, aprendo un altro fronte. Il 21 marzo del 2012 scatta l’operazione Domino che, su imitazione di quella Indoor che aveva messo fine alla stagione dei canapai in Ticino, inizia una vasta rete di interventi nei postriboli ticinesi.

Un’azione repressiva che unita alle lotte comunali per la prima volta dopo tanti anni porta a una drastica riduzione del numero dei bordelli in Ticino, chiudendo di fatto la lunga stagione che si era inaugurata nel 1991 con la nascita del Tortuga.

Eppure, sono ancora tanti sono gli interrogativi che restano sul campo. Com’è stato possibile arrivare fino a questo punto? Sapendo che il fenomeno della prostituzione è vecchio come il mondo e non si potrà mai debellare, in quali altri forme potrebbe riaffiorare? Davvero nel cuore moderno ed evoluto del Canton Ticino si potranno riavere ancora pratiche da tratta degli esseri umani come si è visto durante il periodo della prostituzione low-cost? Domande che ancora oggi aspettano una risposta. 

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