La Svizzera coi nervi a fior di pelle dopo la vittoria di Trump
La rielezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti spacca l’opinione pubblica svizzera, tra chi teme le conseguenze e chi si rallegra per il ritorno del repubblicano alla Casa Bianca.
Le reazioni ufficiali dopo la vittoria di Donald Trump non si sono fatte attendere: la presidente della Confederazione Viola Amherd si è congratulata con il repubblicano, ricordando le relazioni economiche e scientifiche “eccellenti” tra i due Paesi.
La Svizzera, come il resto del mondo, si sta però domandando quale sarà l’impatto della vittoria di Donald Trump, che ha sonoramente battuto la candidata democratica Kamala Harris e che in gennaio tornerà alla Casa Bianca.
Com’era prevedibile, tra i partiti vi è una spaccatura tra destra e sinistra.
“Donald Trump rappresenta una minaccia per la democrazia, la pace, i diritti delle donne e la protezione del clima”, ha scritto il vicepresidente dei Verdi Nicolas Walder su X.
+ Quale può essere l’impatto dell’elezione presidenziale statunitense per la Svizzera
Il socialista Fabian Molina, membro della commissione Affari esteri del Consiglio nazionale, parla dal canto suo di “un disastro per il mondo”, in un momento in cui “il multilateralismo, la protezione del clima, la democrazia e i diritti umani sono minacciati a livello globale”.
Cronaca, reazioni e commenti nell’edizione di mezzogiorno del TG:
Un ‘no’ ai valori woke
I toni sono invece diametralmente opposti a destra, anche se qualche preoccupazione non manca.
L’esponente dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) Nicolas Kolly ha dichiarato all’agenzia stampa svizzera Keystone-ATS che con il suo voto la maggioranza della popolazione americana “ha respinto i valori woke difesi da Kamala Harris”.
“L’elezione di Trump potrebbe anche rafforzare la posizione storica di neutralità della Svizzera”, ha aggiunto, ipotizzando che la Svizzera potrebbe agire come negoziatore se Trump dovesse mantenere la sua promessa di porre fine alla guerra in Ucraina.
Il suo compagno di partito, il capogruppo dell’UDC in Consiglio nazionale Thomas Aeschi, ha da parte sua dichiarato che c’è una grande preoccupazione per la crescente divisione del mondo in blocchi, ossia USA, Cina ed Europa. “Questo rende più difficile per la Svizzera, che è fortemente orientata all’esportazione, servire i suoi mercati di vendita”.
Al pari di Kolly, Aeschi ritiene tuttavia che la politica di neutralità elvetica potrebbe conoscere una “rinascita in questo mondo sempre più polarizzato”, similmente a quanto accaduto durante la Guerra fredda. “Vedo sicuramente un potenziale per la Svizzera in qualità di mediatrice”, ha affermato l’esponente dell’UDC.
Il presidente del Partito liberale radicale (PLR, destra) Thierry Burkart ha invece parlato di “incertezza per la Svizzera”. Stando al politico argoviese il nuovo presidente degli Stati Uniti non ha un programma elettorale chiaro e la sua elezione significa anche imprevedibilità a livello di politica estera.
L’improbabile rimonta
I media svizzeri si concentrano sulla quasi miracolosa rimonta di Trump dopo le condanne penali e l’accusa di aver incoraggiato l’assalto al Congresso nel gennaio 2021 da parte di una folla inferocita.
“A quanto pare, la memoria di questi eventi è sbiadita da tempo per la maggior parte della popolazione americana”, scrive la Neue Zürcher Zeitung in un editoriale. “Per Trump non sembrano valere le stesse regole di tutti gli altri. Anche questa volta ha seguito il suo istinto e non i suoi consiglieri”.
“Tutti sanno come funziona e ‘disfunziona’ quest’uomo al potere”, si legge in un editoriale dei quotidiani Tribune de Genève e 24 heures. “La maggioranza degli americani e delle americane ha votato con cognizione di causa. Hanno preferito la chiarezza, anche se traballante, alla vaghezza dell’altra parte”.
Accordo di libero scambio con gli USA?
Anche le imprese svizzere hanno per ora reagito in modo pragmatico, nonostante le preoccupazioni per un eventuale aumento dei dazi e le guerre commerciali che potrebbero caratterizzare la prossima amministrazione statunitense.
Swissmem, l’associazione dell’industria metalmeccanica ed elettrica svizzera, ha espresso il timore di un “protezionismo ancora maggiore”. Un’ipotesi particolarmente preoccupante per il settore, poiché gli Stati Uniti sono il secondo mercato di esportazione per le aziende tecnologiche svizzere.
Ma Swissmem è anche fiduciosa che l’industria elvetica possa prosperare durante il prossimo mandato. “La Svizzera ha giocato bene le sue carte durante la prima amministrazione Trump. Anche sotto Trump II, la Svizzera può cogliere le opportunità e sfruttare i suoi punti di forza”, ad esempio puntando su un accordo di libero scambio con gli USA, ha indicato l’associazione.
Riavvicinamento all’UE?
Una risposta al protezionismo statunitense potrebbe essere anche un riavvicinamento con l’Unione Europea. Diversi politiche e politici svizzeri ritengono che il ritorno di Trump conferisca un ulteriore senso di urgenza ai colloqui in corso tra Svizzera e UE.
“La Svizzera dovrà chiedersi se un riavvicinamento all’Unione Europea non sia ormai inevitabile”, ha dichiarato a Keystone-ATS Carlo Sommaruga, vicepresidente della commissione di politica estera del Consiglio degli Stati.
“Dopo il chiaro risultato delle elezioni americane, è importante serrare i ranghi in Europa per quanto concerne la politica economica e di sicurezza”, ha da parte sua scritto la parlamentare del Centro Elisabeth Schneider-Schneiter su X. “La Svizzera e l’UE hanno gli stessi interessi per la stabilità”.
Un punto sottolineato anche dal Verde Nicolas Walder: “In tutto il mondo i populisti di destra e gli autocrati stanno guadagnando terreno. L’unica strada percorribile per la democrazia svizzera è quella di stringere legami più stretti con i suoi vicini europei”.
Articolo a cura di Balz Rigendinger
Traduzione e adattamento di Daniele Mariani
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