Svizzera e UE, il nodo della libera circolazione blocca i negoziati
Si complicano i rapporti tra UE e Svizzera. A pochi passi dalla chiusura dei negoziati Bilaterali III tra Berna e Bruxelles, l’UE fa sapere che non vuole concedere alla Svizzera una clausola di salvaguardia unilaterale per la libera circolazione delle persone. Inoltre, vuole anche certezze sul pagamento di un contributo ricorrente elvetico per la coesione europea.
La notizia è stata data dal quotidiano BlickCollegamento esterno. In occasione dei festeggiamenti a Ginevra dei 70 anni del CERN (l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare) il 2 ottobre scorso, informa il figlio zurighese, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen avrebbe informato la presidente della Confederazione, Viola Amherd, che la richiesta della Confederazione di una clausola di salvaguardia unilaterale sarebbe un passo eccessivo che l’UE non vuole concedere alla Svizzera.
Questa clausola di salvaguardia, contemplata nell’Accordo sulla libera circolazione delle persone, permette alla Svizzera di reintrodurre unilateralmente per un periodo limitato nel tempo contingentamenti per i permessi di lavoro e soggiorno qualora l’immigrazione proveniente da alcuni Paesi dell’UE oltrepassi un dato valore soglia.
Sempre secondo il Blick, questa posizione molto ferma dell’UE è stata convalidata lunedì 30 settembre a Bruxelles, dai 27 Paesi membri, come condizione per concludere i negoziati con Berna entro la fine dell’anno, in vista della conclusione di un terzo pacchetto di accordi bilaterali dopo quelli del 1999 e del 2004.
Il Dipartimento federale degli Affari esteri (DFAE) non ha voluto commentare direttamente la notizia e ha sottolineato di non voler essere precipitoso.
15 giorni per riflettere
Gli Stati membri dell’UE valuteranno nuovamente la questione Svizzera-UE al Consiglio Affari Generali (la riunione dei ministri dei 27) del 15 ottobre. Berna ha quindi dieci giorni di tempo per decidere e comunicare il proprio accordo, o meno, alle controparti di Bruxelles.
Bruxelles vorrebbe chiudere i negoziati entro la fine dell’anno. Non per nulla l’attuale vicepresidente esecutivo della Commissione, lo slovacco Maros Šefčovič, è stato riconfermato nella nuova squadra di commissari quale responsabile del dossier elvetico.
Ma ci sono due ostacoli: per quanto riguarda la libera circolazione delle persone, Bruxelles non vuole concedere la clausola di salvaguardia unilaterale. La possibilità offerta ai cittadini di spostarsi liberamente è uno dei quattro pilastri fondamentali del mercato interno dell’UE. Toccarla significherebbe per Bruxelles minare alle fondamenta l’UE stessa.
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Il secondo ostacolo, decisamente minore, riguarda il contributo della SvizzeraCollegamento esterno alla coesione, cioè alle economie dei nuovi Stati membri dell’UE. Nel frattempo, il secondo contributo svizzero per la coesione dei Paesi UE, che ammontava complessivamente a 1,3 miliardi di franchi, è stato concesso ed è stato ripartito su dieci anni (2019-2029). Per l’UE questo contributo finanziario è essenziale. Ma soprattutto dovrà essere un contributo ricorrente, a seconda dei nuovi Paesi che aderiranno all’Unione. Quest’ultimo punto è stato più volte contestatoCollegamento esterno dai partiti di destra in Svizzera.
Perché una clausola di salvaguardia?
La clausola di salvaguardia è un dispositivo che, in caso di flussi migratori eccezionalmente intensi da determinati gruppi di Paesi dell’UE, consente al Confederazione di contingentare gli arrivi per un periodo determinato. Questa clausola, come detto, era già presente nell’Accordo di libera circolazione delle persone del 1999.
L’Accordo sulla libera circolazione delle persone con l’UE è stato esteso alla Croazia (entrata nell’UE nel 2013) mediante un protocollo aggiuntivo. Questo protocollo, entrato in vigore il primo gennaio 2017, prevede un’apertura graduale e progressiva del mercato del lavoro svizzero per i cittadini croati nell’arco di un periodo transitorio di 10 anni.
La clausola di salvaguardia contemplata nell’ALC permette alla Svizzera di reintrodurre unilateralmente per un periodo limitato nel tempo contingentamenti per i permessi qualora l’immigrazione proveniente dalla Croazia oltrepassi un dato valore soglia. Questo valore è stato raggiunto per cui il Consiglio federale ha deciso di attivare la clausola di salvaguardia con effetto primo gennaio 2023 e resta valida fino al 31 dicembre 2024.
Perché introdurre nuovamente una clausola di salvaguardia? Questa clausola è una condizione considerata essenziale da buona parte del mondo politico svizzero se si vuole che il nuovo pacchetto di accordi sia “vendibile” alla cittadinanza nell’inevitabile referendum che seguirà.
Inoltre, nel maggio del 2024 l’iniziativa popolare “No a una Svizzera da 10 milioni!Collegamento esterno“, lanciata dall’UDC (il partito della destra conservatrice , che detiene la maggioranza relativa in Parlamento), è formalmente riuscita. Nel caso l’iniziativa venisse accolta alle urne, la popolazione residente permanente in Svizzera non dovrà superare i dieci milioni entro il 2050 (poche settimane fa è stata oltrepassata la soglia dei 9 milioni di abitanti).
Il Consiglio federale e il Parlamento dovranno prendere provvedimenti non appena la popolazione supererà i 9,5 milioni. In particolare, le persone ammesse a titolo provvisorio non potranno più ottenere un permesso di residenza o di domicilio, né la cittadinanza svizzera, né qualsiasi altro diritto di soggiorno.
Se necessario, in casi estremi, Berna dovrà porre fine ai trattati internazionali che facilitano la crescita demografica, come l’accordo sulla libera circolazione delle persone con l’UE.
La preoccupazione dell’UDC è giustificata, ha ammesso il presidente del Centro Gerhard Pfister, ma la cancellazione degli accordi bilaterali come ultima risorsa sarebbe ancora più dannosa. È quindi necessario un controprogetto all’iniziativa che contenga per l’appunto la clausola di salvaguardia.
“Non è certo che l’UE accetti una similemisura. Tuttavia, soppesando il rischio, una clausola di salvaguardia sarebbe una soluzione più moderata rispetto al rischio di mettere in gioco l’intero accordo bilaterale se l’iniziativa dell’UDC dovesse venir accettata”, chiosava allora Pfister.
Ora sappiamo come la pensa l’UE. Nessuna clausola di salvaguardia o salta tutto. Ancora una volta.
Da quando nel 1992 il popolo elvetico bocciò l’entrata della Svizzera nello Spazio economico europeo, la Confederazione regola i propri rapporti l’Unione europea attraverso degli accordi bilaterali.Collegamento esterno I primi sette accordi (conosciuti come Bilaterali ICollegamento esterno) sono stati firmati nel 1999 ed entrati in vigore nel 2002. I secondi (Bilaterali IICollegamento esterno) sono stato sottoscritti nel 2004 e i vari accordi sono entrati in vigore negli anni successivi.
Considerato che Bruxelles si aspetta che gli accordi bilaterali tra Svizzera e UE vengano costantemente adattati allo sviluppo giuridico, le due parti dal 2014 hanno iniziato a negoziare il cosiddetto accordo quadro istituzionaleCollegamento esterno. Un accordo che avrebbe dovuto disciplinare il funzionamento di determinati accordi bilaterali (in particolare quelli relativi all’accesso al mercato).
In modo un po’ teatrale, il 26 maggio 2021 il Consiglio federale ha interrotto questi negoziati con l’UE per un accordo quadro istituzionale. Il Consiglio federale, tuttavia, ritenendo che fosse nell’interesse della Svizzera salvaguardare la collaudata via bilaterale e portare avanti con convinzione gli accordi esistenti, ha aperto a nuovi possibili negoziati.
Dopo anni di tentennamenti e abboccamenti, UE e Svizzera hanno ufficialmente riaperto un nuovo round negoziale il 18 marzo 2024 con la volontà delle parti di chiuderli entro l’anno in corso.
Questi nuovi negoziati (Bilaterali IIICollegamento esterno) riguardano una serie di accordi volti principalmente a ottenere un accesso senza ostacoli al mercato interno dell’UE. Per la Svizzera, orientato all’esportazione, questo aspetto è essenziale e contribuisce in larga misura alla prosperità del Paese.
In questo modo il Consiglio federale intende stabilizzare e sviluppare la via bilaterale con l’UE salvaguardando gli interessi essenziali della Svizzera, anche nei settori della protezione dei salari e dell’immigrazione.
E qui nasce il grande ostacolo. In caso di immigrazione consistente la Svizzera vorrebbe introdurre la famosa clausola di salvaguardia unilateralmente. L’UE non la vuole. Il braccio di ferro continua.
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