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Un quinto delle spese sanitarie in Svizzera dovuto a trattamenti inutili

sala chirurgica
In Svizzera si opera troppo? È quanto pensano alcuni esperti. Keystone / Gaetan Bally

Di anno in anno la fattura della sanità aumenta nella Confederazione e per molte persone le spese per l’assicurazione malattie obbligatoria diventano insostenibili. E se una possibile voce di risparmio fosse costituita dai trattamenti inutili? L’inchiesta della trasmissione della RSI Patti Chiari.

Non sempre operare è la soluzione migliore. A Claudia, per riprendere la funzionalità di una spalla che senza ragione apparente una mattina si era completamente bloccata, è bastata una manciata di sedute di fisioterapia. Eppure, dopo la prima visita, il medico era stato perentorio: non sembravano esserci alternative all’andare con urgenza sotto i ferri.

Una seconda opinione medica richiesta da Claudia ha però sconfessato la prima e ritenuto l’operazione del tutto inutile. La giovane paziente ha potuto così cavarsela con un trattamento molto meno invasivo e rischioso. Non solo, l’assicurazione malattia di Claudia, e in ultima analisi la collettività, ha inoltre potuto risparmiare un bel po’ di soldi, almeno 6’000 franchi per la sola operazione.

Il servizio di Patti Chiari:

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17 miliardi di risparmi all’anno

Secondo un rapporto del Controllo Federale delle Finanze di qualche anno fa, in Svizzera si stima che il 20 percento dell’intera fattura sanitaria sia dovuto a trattamenti inutili: operazioni superflue, esami diagnostici di troppo, farmaci che non portano alcun beneficio. Su una spesa globale che sfiora i 90 miliardi di franchi annui, il potenziale di risparmio sarebbe di 17 miliardi all’anno. Una cifra spaventosa.

L’istituto di seconda opinione medica (ISOM) di Lugano, da cinque anni promuove il diritto dei pazienti ad avere, appunto, una seconda opinione medica. L’obiettivo, dichiara il suo fondatore, Christopher Jackson, è quello di salvaguardare la salute del paziente. Evitare trattamenti inutili permette però nel contempo di ridurre costi e sprechi.

In 40 casi su 200 trattati dall’istituto luganese, il secondo parere medico ha permesso di evitare un’operazione chirurgica proponendo trattamenti alternativi, meno invasivi, meno costosi e che si sono rivelati altrettanto efficaci.

Forti differenze tra Cantoni

Jennifer, per esempio, è stata operata a Zurigo per un’ernia discale con un tipo di intervento innovativo e poco invasivo, limitando così rischi e lunghi strascichi post operatori. In questo caso i costi delle due diverse operazioni erano esattamente gli stessi, l’impatto sul paziente è però stato molto diverso. Jennifer, che da tempo soffriva di dolori inguinali, era stata in precedenza sottoposta a un’artroscopia all’anca. Solo dopo l’operazione, rivelatasi del tutto inutile, si è scoperto che il dolore non era provocato dall’anca, ma dall’ernia.

In Svizzera si tende a operare troppo o troppo velocemente? I confronti intercantonali sul numero di alcuni interventi lo lascia supporre. Nel Canton Svitto vengono per esempio effettuate quattro volte più operazioni di menischectomia rispetto al Ticino. Nel Canton Uri si impiantano dieci volte più stent che in Ticino. Nel Canton Zugo il 42 percento dei parti è cesareo, nel Canton Ginevra uno su quattro. Secondo l’OMS solo il 10-15 percento dei cesarei si giustifica per ragioni mediche. Come si spiegano queste cifre e queste differenze?

Sistema di rimborso in causa

Per Nicolas Rodondi, presidente di “Smarter Medicine – choosing wisely”, il sistema di rimborso delle casse malati è una delle principali cause che spinge alla sovramedicalizzazione. Più la prestazione è costosa e migliore è il rimborso. Si tratta di un incentivo negativo per i prestatori di cure che spinge a consumare più medicina. Perché per esempio evitare una costosa risonanza magnetica per un mal di schiena, se la fattura è rimborsata senza se e senza ma dalla cassa malati?

L’associazione “Smarter Medicine” vuole rimettere al centro del sistema sanitario il paziente, evitando i trattamenti che non portano benefici per la sua salute. Per ogni disciplina medica pubblica una lista di cinque trattamenti considerati superflui. E superflui, di conseguenza, sono anche i loro costi.

Perché, si chiede per esempio Nicolas Rodondi, in Svizzera vengono effettuate così tante operazioni di vertebroplastica? L’iniezione di cemento osseo all’interno di vertebre che con l’età avanzata si sono assottigliate è una procedura controversa, costosa e che non è certo che porti benefici al paziente. Eppure, nel nostro paese nel solo 2022 se ne sono effettuate oltre 2700. Decine di milioni di franchi che si potrebbero risparmiare?

Anche Nadia ha subito un’operazione inutile, un’artroscopia all’anca che non andava fatta. Così perlomeno le è stato detto in una clinica ortopedica della Svizzera interna: quel tipo di intervento viene fatto solo a pazienti sotto i quarant’anni. Per Nadia è così iniziata un’odissea che avrebbe potuto evitare. L’intervento subito in Ticino ha avuto complicazioni che l’hanno portata a impiantare in giovane età una protesi dell’anca. Qualsiasi operazione comporta infatti dei rischi, delle possibili complicazioni e di conseguenza, dei costi aggiuntivi.

Si opera troppo?

In Svizzera si opera troppo, dunque? Certo è che il nostro paese detiene diversi primati mondiali in campo chirurgico. Nell’impianto di protesi dell’anca per esempio: 323 ogni 100’000 abitanti all’anno, quasi il doppio rispetto alla media dei paesi OCSE. Idem per quanto riguarda le protesi del ginocchio, 273 ogni 100’000 abitanti, in Italia se ne impiantano meno della metà. La Svizzera è prima al mondo anche per le operazioni di prostatectomia, di appendicectomia o di isterectomia. Ogni anno viene asportato l’utero a 263 donne ogni centomila, quasi il doppio rispetto alla Svezia. Come si spiega?

Secondo Jackson un chirurgo tende a operare perché crede nell’efficacia della sua disciplina. Il pagamento di molte prestazioni all’atto però, aggiunge, spinge medici e ospedali a moltiplicare gli interventi, così da aumentare il proprio tornaconto economico.

È quel che è successo a Patrizia. Mesi dopo un malore che si è risolto in pochi giorni, viene convinta a sottoporsi a un approfondimento medico. La giovane donna entra in ospedale senza alcun sintomo, viene sottoposta a una risonanza magnetica e poi a un’angiografia cerebrale. Durante questo esame qualcosa va storto, Patrizia finisce così d’urgenza alla “stroke unit” perché a rischio elevato di ictus. Alla paziente viene diagnosticato un cavernoma al cervelletto, un tumore benigno che inizialmente i medici vorrebbero subito operare. Dopo una degenza di una settimana la versione però cambia radicalmente: operare o no, la scelta è del paziente. Patrizia così rifiuta e, almeno all’apparenza a ragione: a cinque anni di distanza il cavernoma non ha più avuto alcuna conseguenza.

Troppi esami quindi? Troppa fretta di operare? E se la cura all’esplosione dei costi sanitari iniziasse proprio da qui, dai trattamenti superflui, dalle operazioni inutili, dalle cure farmacologiche che non portano benefici e dagli esami di troppo?

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