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“Uno per tutti, tutti per uno”: come prende le decisioni il Governo svizzero

Vista sul palazzo federale di berna
Il Governo svizzero (nell'immagine il Palazzo federale) tende a mantenere il riserbo su ciò che accade esattamente quando si riunisce. Keystone / Anthony Anex

Riunioni segrete, nessun primo ministro e un Governo di sette persone che difende le decisioni come un organo collegiale. Ecco quello che c’è da sapere sul sistema svizzero della "collegialità". 

Il contrasto non potrebbe essere più grande. Nel Paese più ricco e potente del mondo, gli Stati Uniti, un presidente è entrato in carica deciso a usare tutto il suo potere esecutivo per portare avanti la sua agenda. Non solo esclude l’opposizione. Donald Trump, è stato riferito, non ha consultato nemmeno i propri alleatiCollegamento esterno prima di mettere il mondo in subbuglio con i dazi globali. 

Nella ricca ma un po’ meno potente Svizzera, la volontà personale del o della presidente della Confederazione e dei membri del Governo (Consiglio federale) non è sempre così chiara. Mentre l’Europa si sta riarmando, il nuovo ministro della difesa Martin Pfister sta pianificando qualche mossa audace? 

Difficile dirlo. Anche se Pfister volesse tagliare tutti i legami con la NATO, o aderirvi completamente, non potrebbe prendere una decisione unilaterale. In Svizzera nessuno può farlo. 

Le missioni in solitaria non fanno parte del Consiglio federale, dove i ministri e le ministre sono tenuti a seguire un principio a cui lo stesso Pfister ha fatto ripetutamente riferimento da quando è stato eletto: la collegialità. 

Decisioni collettive e una sola voce 

Sancita dall’articolo 177 della Costituzione federale, la collegialità è un altro elemento che si inserisce negli obiettivi fondamentali della politica svizzera: raggiungere il consenso e assicurarsi che nessuno possa accaparrarsi troppo potere. 

In sostanza, significa che il Governo è collettivo e non gerarchico: ministri e ministre, che rappresentano i quattro maggiori partiti politici in Svizzera, decidono su un livello paritario. Non c’è un primo ministro che detta la via (la presidenza ruota ogni anno tra i sette consiglieri e consigliere federali ed è sostanzialmente un ruolo cerimoniale e di coordinamento). 

Altrettanto importante è che una volta presa una decisione, all’unanimità o a maggioranza, tutti i membri del Consiglio federale devono difenderla pubblicamente. Le posizioni private o di partito passano in secondo piano. 

Ad esempio, nel 2023 il Governo ha fatto campagna a favore di una nuova legge per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. L’Unione democratica di centro (UDC, destra sovranista), a cui appartiene il ministro dell’ambiente Albert Rösti, si è opposta. 

Rösti, ex presidente dell’UDC, prima di assumere l’incarico aveva anche legami con l’industria petrolifera. Cosa avrebbe detto della legge se non fosse stato ministro? Non lo sapremo mai. Una volta che il Governo ha stabilito la sua linea, Rösti l’ha sostenuta pubblicamente – e ora la sta attuando. 

Per garantire che questo senso di unità non venga minato, le riunioni del Consiglio federale sono segrete e i protocolli vengono resi noti solo dopo 30 anni. A meno di fughe di notizie… 

cupola di vetrate colorate
“Uno per tutti, tutti per uno”: lo slogan non ufficiale in Svizzera, che si riferisce anche all’unione federale dei 26 Cantoni. Keystone / Peter Klaunzer

Sicurezza del posto di lavoro 

Per chi siede nell’Esecutivo, questo può portare a situazioni al limite della dissonanza cognitiva. Non deve essere facile promuovere una politica che in privato si osteggia.

Né è facile argomentare contro qualcosa che è estremamente popolare in seno al proprio partito, come ha dovuto fare nel 2023 la ministra dell’interno Elisabeth Baume-Schneider, del Partito socialista, quando ha guidato la campagna governativa contro un aumento delle pensioni. 

Ovviamente, anche in altre democrazie liberali i ministri devono seguire la linea politica del Governo. A volte non è chiaro se lo facciano per convinzione, per pragmatismo o per pura lealtà nei confronti di un capo molto potente, ad esempio un Donald Trump.

“Non c’è contraddizione tra leadership e collegialità”

Pascal Sciarini, politologo

Ma in altre democrazie i ministri e le ministre vanno e vengono: vengono rimossi dall’incarico quando sbagliano o si dimettono quando non sono d’accordo con la politica del Governo. Oppure i cittadini e le cittadine non votano per loro alle elezioni. 

Per i consiglieri e le consigliere federali in Svizzera, una ricompensa per mordersi la lingua in pubblico è la sicurezza del posto di lavoro. In teoria, possono essere estromessi dal Governo una volta ogni quattro anni, quando il Parlamento vota per rinnovare l’intero gremio, ma questo non accade quasi mai.

Di conseguenza, i mandati sono lunghi: dalla fondazione della Svizzera moderna nel 1848, il mandato medio dei ministri è di oltre dieci anni. 

“Deficit di responsabilità o “destino comune”? 

Questo potrebbe sembrare strano a chi pensa che gli errori debbano essere puniti facendo saltare delle teste.

Il politologo Michael Hermann ha scritto che la natura collettiva del Governo – insieme ad altri metodi svizzeri di suddivisione del potere, come il federalismo e la democrazia diretta – può portare a un “deficit di responsabilità”. Quando “tutti e nessuno” prendono decisioni, non è chiaro a chi attribuire la responsabilità.

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Altri ritengono che la collegialità aiuti a evitare scossoni politici.

Kaspar Villiger, ministro dal 1989 al 2003, sostiene che il rischio di gravi crisi politiche o economiche aumenta a seconda di quanto “incontrollato” sia il potere esecutivo. I ministri svizzeri possono “permettersi di essere impopolari” se ciò favorisce l’interesse nazionale, ha affermato Villiger in un saggioCollegamento esterno del 2023. Ritiene inoltre che un lungo mandato contribuisca ad accumulare esperienza e competenza. 

In modo meno tangibile, la collegialità è talvolta vista come un valore in sé, un elemento centrale della personalità dei “sette saggi”, come vengono talvolta chiamati ministri e ministre. 

Kaspar Villiger scrive che “può svilupparsi un sentimento di gruppo, persino il senso di un destino comune, da cui emerge una forte volontà collettiva di ottenere risultati superiori alla media”. Un altro ex ministro, Didier Burkhalter, ha paragonato la collegialità – in particolare il fatto di evitare i diverbi in pubblico – all’immagine di un “muro” protettivo che circonda il lavoro del Governo. 

ministri e ministre seduti a delle scrivanie in una sala di riuione
Un raro sguardo a porte chiuse: la riunione del Governo svizzero all’inizio del 2025. Keystone / Peter Klaunzer

Crepe nel muro 

Tuttavia, dato che i ministri e le ministre provengono da quattro partiti molto diversi e che i politici sono creature ambiziose e strategiche, il “muro” non sempre regge. Fughe di notizie, scaramucce politiche e intrighi machiavellici sono sempre in agguato. 

È comunque difficile dire se le “violazioni” della collegialità siano aumentate negli ultimi anni. Spesso si dice che il principio è “sotto pressione”. A SWI swissinfo.ch scrivevamo già nel 2006 che la collegialità era stata “messa a dura prova negli ultimi anni dalla polarizzazione della politica svizzera”. Speculazioni mediatiche più recenti, soprattutto dopo le dimissioni dell’ex ministra della difesa Viola Amherd, hanno parlato di un’atmosfera tutt’altro che collegiale in Consiglio federale. 

Ma in generale il principio in sé, in vigore da 177 anni, non è in discussione. “Le élite politiche ci sono affezionate”, afferma Pascal Sciarini, professore all’Università di Ginevra e coeditore del manuale Oxford Handbook of Swiss Politics

La collegialità deve affrontare altre sfide, sostiene Sciarini. Una è la “dipartimentalizzazione”. Rispetto al 1848, quando è stato creato il Governo federale, il mondo è diventato molto complesso. E con soli sette dipartimenti governativi, i ministri e le ministre sono sempre più costretti a concentrarsi sulle proprie (vaste) aree politiche. Questo può distrarre dal quadro strategico più ampio e dalla possibilità di valutare le idee provenienti da altri dipartimenti. 

Un modo per ridurre il carico di lavoro potrebbe essere quello di aumentare il numero di dipartimenti federali. Dopo tutto, alcuni Paesi ne hanno a decine. Ma in questo caso, il rovescio della medaglia potrebbe essere, paradossalmente, un aumento dei disaccordi e una minore unità. 

“È già abbastanza difficile mantenere la collegialità con sette dipartimenti”, afferma Sciarini.

Mancanza di leadership? 

Per quanto riguarda l’attuale Governo, Pascal Sciarini ritiene che sia “abbastanza rispettoso” della collegialità. Tuttavia, afferma anche che manchi di leadership su quella che molti considerano la questione strategica fondamentale per la Svizzera nei prossimi anni: le relazioni con l’Unione Europea. 

Una diversa struttura governativa potrebbe contribuire a promuovere tale leadership? Ad esempio, un presidente con maggiori poteri o un ministro degli esteri che si assume maggiori responsabilità? 

Non necessariamente, ritiene Pascal Sciarini. Spetta piuttosto al Governo nel suo complesso fare una dichiarazione pubblica forte e unitaria per chiarire la propria posizione, sottolinea il politologo. In questo modo, i ministri – tutti e sette – potrebbero diventare più attivi nel promuoverla. 

“Non c’è contraddizione tra leadership e collegialità”, afferma Sciarini. 

A cura di Benjamin von Wyl/ts

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