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Tunisia: presidenziali senza troppe sorprese per Saied

Keystone-SDA

(Keystone-ATS) Tunisini alla urne oggi per eleggere il loro presidente in un voto che vede favorito il capo di Stato uscente Kais Saied ma che suscita poco entusiasmo in una popolazione più preoccupata dalle difficoltà economiche.

Sono 9,7 milioni gli elettori registrati, secondo l’autorità elettorale Isie, che attende i risultati preliminari “al massimo” il 9 ottobre. Chiusi i seggi alle 18, alle 13 l’affluenza era di appena il 14,5%.

Nella culla delle rivolte della Primavera araba del 2011, solo due candidati – considerati dagli analisti come di seconda fascia – sono stati autorizzati a competere con Saied su 17, respinti dall’Isie per presunte irregolarità. Il primo, Zouhair Maghzaoui, 59 anni, è un ex membro della sinistra panaraba, il secondo, Ayachi Zammel, un industriale liberale di 47 anni, sconosciuto al grande pubblico ma incarcerato dopo la conferma della sua candidatura all’inizio di settembre. In meno di un mese, questo ex deputato, sostenuto dalle forze di sinistra e da esponenti dell’ex maggioranza parlamentare, è stato condannato a 14 anni e due mesi di carcere per raccolta di firme false firme per la propria candidatura, in tre procedimenti distinti. La sua squadra ha invitato i cittadini ad “andare alle urne in massa”, esortando l’Isie “a non manipolare il voto dei tunisini”.

Portatore di un progetto di sinistra sovranista simile a quello di Saied che ha sostenuto fino a poco tempo fa, Maghzaoui ha denunciato i “risultati pari a zero” del presidente uscente, chiedendo anche una mobilitazione degli elettori.

Il presidente dovrebbe “vincere a mani basse”, ritiene l’esperto dell’International Crisis Group, Michaël Ayari. La stessa selezione dei candidati è stata contestata a causa dell’elevato numero di sponsorizzazioni richieste, dell’arresto di potenziali candidati noti e dell’estromissione da parte dell’Isie dei più forti rivali del presidente. Saied, eletto nel 2019 con quasi il 73% dei voti (e il 58% di partecipazione), era ancora popolare quando decise di assumere i pieni poteri nell’estate del 2021, promettendo ordine dopo anni di instabilità politica. Tre anni dopo, molti tunisini lo criticano per aver dedicato le sue energie principalmente al regolamento di conti con i suoi avversari, in particolare il partito islamico Ennahdha, dominante nel decennio della democrazia dopo la caduta del dittatore Ben Ali nel 2011. Una “deriva autoritaria” del potere è stata denunciata dal 2021 da Ong tunisine e straniere e dall’opposizione, tra cui figure di spicco come il leader di Ennahdha, Rached Ghannouchi, e all’estremità opposta, Abir Moussi, nostalgica passionaria dell’era di Ben Ali. Tutti criticano lo smantellamento del sistema di pesi e contrappesi istituito nel 2011 e il soffocamento della società civile con l’arresto di sindacalisti, attivisti, avvocati ed editorialisti politici. Secondo Human Rights Watch, “più di 170 persone sono attualmente detenute per motivi politici o per aver esercitato i propri diritti fondamentali”.

Affermando di voler “salvare la Tunisia dai traditori” sotto l’influenza straniera, Saied gode ancora di “un sostegno significativo tra le classi popolari”, secondo Ayari, ma viene “criticato per la sua incapacità di far uscire il Paese da una profonda crisi economica”. Giovedì, il presidente ha chiesto un “voto massiccio” perché, ha promesso, dopo “una lunga guerra contro le forze della cospirazione” che si è “infiltrata in numerosi servizi pubblici e distrutto centinaia di progetti, inizierà la traversata” verso “la costruzione di una nuova Tunisia”.

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